Visualizzazione post con etichetta telefilm. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta telefilm. Mostra tutti i post

domenica 17 dicembre 2017

Quest'anno sono stata presa da una smania natalizia, ma questo è successo nei mesi scorsi. 
Non ricordo se stavo guardando un telefilm oppure leggendo un libro, ma improvvisamente mi era venuta voglia di fare l'albero di Natale - cosa che non facevamo da quindici anni. 

Nel 2003 non l'abbiamo fatto perché con la tradizione di fare l'albero l'8 dicembre era troppo presto e non era proprio il caso visto che mio nonno era morto il 15 novembre. 
L'anno dopo era appunto passato solo un anno e nel caso avrei dovuto farlo da sola quando invece una volta mia madre mi aiutava e la cosa mi deprimeva così tanto che alla fine ho lasciato perdere. 
E alla fine è diventata una tradizione in casa nostra non addobbare niente. 

Quest'anno invece ho sentito la voglia di tornare alle origini, di tornare un po' bambina con i regali sotto l'albero e così ho deciso di cominciare daccapo: un nuovo albero - questo un po' più piccolo di quello solito - e nuove decorazioni in aggiunta a qualcuna di quelle vecchie e meno fragili visto che non sapevo che reazione Alaska avrebbe avuto di fronte alla novità. 
E incredibilmente mia madre mi ha pure aiutata di sua spontanea iniziativa. 

Eppure già mentre organizzavo il materiale sentivo la voglia scemare e sì, l'albero è carino, però non so se sono io che guardo il tutto con il disincanto di un'adulta che non può più provare l'entusiasmo di una bambina che aspetta Babbo Natale oppure se è perché quindici anni sono tanti e non sono più abituata un albero addobbato in casa mia in questo periodo dell'anno. 

Tanto più che manca una settimana a Natale e... meh.


Venerdì sera mi sono vista con una mia amica e siamo andate a bere qualcosa. 
Da quando è finita l'estate mi sarà capitato forse solo una volta di bere alcol, quindi avendo perso un po' l'abitudine il cocktail che avevo preso aveva fatto un po' effetto - nel corso degli anni ci volevano dosi sempre più elevate per raggiungere anche solo il livello minimo in cui puoi dire di essere un po' alticcia. 
E venerdì ero in quella fase fantastica in cui l'alcol scorre nelle vene, ma è nella quantità giusta: quando senti che non sei più esattamente te stessa, ma solo un po' più allegra - quel giusto necessario per ridere e fare qualche battuta che di solito resta trincerata dietro il silenzio. 
Probabilmente è una delle mie sensazioni preferite.

Ed è andata ancora meglio quando ho finito di bere il cocktail della mia amica perché lei non aveva intenzione di finirlo. 
Mi sono sentita ancora un po' più sulle nuvole e per la prima volta ho seriamente considerato l'idea di andare dritta a dormire una volta arrivata a casa - niente computer, niente libro, niente film fino a notte fonda, quasi mattina.
E cavoli, l'ho fatto: ho letto solo un capitolo e poi ho sentito gli occhi chiudersi e ho dormito profondamente. Ho dormito così profondamente che non mi sono svegliata ogni ora e non ho fatto incubi - almeno che io ricordi. 

Ed è sempre stato questo a farmi paura, sin da quando avevo 16 anni e avevo cominciato ad esagerare con l'alcol per riuscire ad affrontare una serata fuori.
È una delle paure che ho sin da adolescente, sin da quando ho iniziato a bere - sin da quando ho capito di avere il minimo controllo sui miei impulsi più malati: la paura di diventare un'adulta che ha bisogno dell'alcol per funzionare. 
Nel mio caso di averne bisogno per dormire. 
Mi sono svegliata ieri mattina con il sapore di alcol in bocca e mi sono chiesta perché, poi ho ricordato - e la sera prima non mi ero nemmeno ubriacata, arrivata a questo punto ci vuole ben altro. Probabilmente ci vorrebbero almeno tre drink - e di quelli che hanno qualsiasi cosa dentro. 
E mi ha presa una morsa allo stomaco perché mi sono vista tra qualche anno con la pessima abitudine di bere prima di andare a letto perché apparentemente è l'unico modo per riuscire a dormire. 


Questo mese - o almeno questa metà - è all'insegna dei Boys Like Girls. 
Non perché hanno rilasciato qualcosa di nuovo - anche se sarebbe ora che lo facessero perché l'ultimo album del 2012 e avanti! Qui c'è gente che freme impaziente e dall'altra parte non riesco a credere che sia passato così tanto perché sembra ieri che sentivo per la prima volta le canzoni di Crazy World
Eppure in questo mese non riesco ad ascoltare altro, non voglio ascoltare altro.

Se gli Yellowcard parlano all'adulta che sono e invece i Simple Plan all'adolescente che sono stata, Boys Like Girls e A Day To Remember parlano ad entrambe le versioni a seconda delle canzoni che ascolto. 

E non vedo l'ora che torni il bel tempo e i Boys Like Girls li ho sempre associati alla primavera a causa di The Great Escape - la loro prima canzone, che ricordo ancora di averla ascoltata nel maggio 2007. 

E sai, una volta ti vedevo in ogni testo di Boys Like Girls e in metà di quelli di Love Drunk e il resto era mio. 
Ma ora mi sto riprendendo possesso di tutte quelle canzoni e tu stai sparendo - certo, non sparirai mai da The Great Escape e da Thunder, ma sai che c'è? 
Questa mattina ho ascoltato Thunder e ho trovato me stessa in quella canzone - ti ho detto di farti in là con il ritornello e in un verso mi sono vista: 

And now I'm itching for the tall grass
And longing for the breeze
I need to step outside
Just to see if I can breathe
I gotta find a way out
Maybe there's a way out

Questa sono io e mi sto riprendendo Thunder perché non esiste che io ti lasci contaminare una delle mie band preferite, non te lo permetterò mai più. 


Ah, e ho finito per sempre di vedere Person of Interest - ho finito la quinta e ultima stagione. 
E ho pianto come una fontana. 
È stata una delle mie serie televisive del cuore, la quarta stagione forse sarà sempre la mia preferita e ricomincerei a guardarla dall'inizio anche subito.

On air: Boys Like Girls - Go

lunedì 5 settembre 2016

Sto guardando la quarta e ultima stagione di Hart of Dixie su La5 e ammetto che mi dispiace che stia per finire. 
Una volta avevo scritto un post sul mio rapporto con le serie televisive - ne inizio mille, ma molto spesso non vedo l'ora che finiscano per poterle archiviare e lasciarmele alle spalle.
Una volta in quello stesso post ho scritto che faccio così anche con le persone. 

Hart of Dixie è stata una serie davvero carina e piacevole da guardare, ma è un altro il motivo per cui mi dispiace essere quasi arrivata alla fine. 

A forza di sentirmene parlare, sapete tutti che musica ascolto e le mie band preferite sono elencate a destra. 
Ma quante volte ho detto che pur amandole con tutta me stessa, non sono "ferma" su un genere soltanto?
Quante volte ho detto che mi capita di innamorarmi di una canzone guardando un telefilm? 
Quante volte ho detto che mi capita anche di ascoltare generi che esulano da quello che normalmente ascolto - che lo vogliate etichettare come punk-rock o alternative-rock o che so io, perché io non sono mai stata brava a dare questo tipo di etichette. 
Quante volte ho detto che ascolto anche musica commerciale, elettronica e country? 

Ed è proprio sul country che voglio fermarmi. 

Mi avrete sentita ripetere fino alla nausea quanto sono in grado di emozionarmi gli Yellowcard, i Simple Plan, i Boys Like Girls, gli A Day To Remember con le loro canzoni. 
Mi sono accorta però che solo alcune canzoni country riescono a torcermi lo stomaco in un certo modo. 

E Hart of Dixie, serie televisiva ambientata nel sud degli USA nello stato dell'Alabama, è stata la mia principale fonte di musica country. 
Keith Urban, Danielle Bradbery, Gloriana e chissà quante altre canzoni di altri artisti che al momento mi sfuggono. 

Prima di Hart of Dixie conoscevo solo una canzone country - Run di George Strait. 
Poi è arrivata questa serie e mi si è aperto un mondo. 

E ora ho visto solamente le prime due puntate della quarta e ultima stagione e ho già scoperto due canzoni di un artista che devo assolutamente approfondire - e intanto quelle due canzoni finiranno subito in macchina. 
Una ha un strofa che mi descrive perfettamente e l'altra è l'apoteosi della malinconia e dei brividi e dei nodi allo stomaco. 


Fight the words until they fit
In a wall around your heart
And time forgives but won’t forget
Even when it steals the lights and leaves the dark

Hart of Dixie mi ha aperto un mondo e mi ha dato tante bellissime canzoni in tutti questi anni e proprio per questo mi mancherà più di altre serie che ho terminato. 

On air: Austin Plaine - Never Come Back Again

venerdì 25 marzo 2016

Mi sono ricordata solo la sera del mio ultimo post che nell'ultimo episodio di Hawaii Five-0 che avevo visto, nel finale, c'era una canzone che mi aveva colpita particolarmente. 

Mi sono ricordata solo la sera del mio ultimo post di andarla a cercare perché ormai sanno tutti com'è il mio rapporto tra telefilm e musica. 
E quella canzone era bella esattamente come la ricordavo. 

Il cantante è britannico, ma avrei riconosciuto l'accento inglese anche senza sapere questa informazione una volta sentita la traccia per intero e non solo quel piccolo frammento contenuto nell'episodio. 

E leggendo il testo, non c'è da stupirsi se ne sono rimasta colpita - in qualche modo riesco sempre a riconoscere anche da 30 miseri secondi, e a volte anche meno, quando una canzone parla di me. 
E questa lo fa, cavolo se lo fa. 

I run to the morning
As the nightmares chase to haunt me

Should I make her stand?

I walk in the shadows
Cause I'm scared of what the light shows

Is there power in these hands?

I feel like a wasted soul
A hologram of skin and bones


This is the time
You know that it's right
Cause I'm letting go
In love and in life
There's no turning back
Cause I'm letting go

There's pain in the falling
The landing hits you without warning
At least you're at the start


There's fate in the climbing
Sometimes the voices will be blinding
But they'll never have your heart

So ride the highs and mute the lows
It puts the flesh back to your bones

This is the time
You know that it's right
Cause I'm letting go
In love and in life
There's no turning back
I'm letting go

Before the sun is set
Time to forgive, forget
Whatever happens, happens
But it ain't happened yet
But it ain't happened yet

I'm letting go
In love and in life
There's no turning back
Cause I'm letting go

This is the time
You know that it's right
Cause I'm letting go
In love and in life
There's no turning back
Cause I'm letting go

So give me time to wake up
So give me time to wake up and go
So give me time to wake up
So give me time to wake up and go

On air: Saint Raymond - Letting Go 

mercoledì 3 febbraio 2016

Lunedì sera, dopo essermi struccata, mi stavo sciacquando il viso quando le ho viste.

Dipende molto dal tipo di luce presente nella stanza e dal modo in cui mi colpisce, ma non ho potuto fare a meno di ignorare le gocce d'acqua ancora sulla mia pelle per restare ad osservare quelle linee così evidenti sul polso.

Linee ancora rossastre, una sfumatura appena più scura del resto della mia carnagione, e linee bianche quasi splendenti.
Tutte quelle linee così in mostra, che mi davano la sensazione che chiunque - entrando in bagno in quel momento - avrebbe potuto vedere.

Piccoli segni rossi per la pelle dove la lametta preme la prima volta per iniziare a tagliare.
Linee bianche per le mie zone preferite, per quei millimetri di epidermide dove la lametta passa più volte - più volte nella stessa notte o più volte nel corso dei mesi.

Ho cambiato luce in bagno e improvvisamente sono sparite.
Ho acceso la luce al neon attaccata allo specchio e l'unica cosa che riuscivo a vedere era quanto fosse bianca la mia pelle da sembrare quasi fosforescente e l'azzurro delle vene.
L'azzurro di quelle vene che dentro accolgono tutto quel sangue vermiglio con il quale io sporco sempre il mio polso.

Ho spento il neon e ho riacceso la luce calda che viene dalla lampadina sul soffitto e tutti quei segni sono tornati, quei segni che non mi abbandonano mai.

Sono mesi che non lo faccio, forse per la prima volta ho perso il conto delle settimane che sono passate da quando mi definisco - per l'ennesima volta - "pulita".
Osservavo quelle linee, le ripercorrevo con un dito e non nego che volevo riaprire quelle cicatrici - non smetterò mai di avere queste voglie sbagliate anche quando non c'è un motivo "valido".

E poi sembra una cosa fatta apposta.
Qualche ora più tardi stavo guardando in salotto con i miei genitori il secondo episodio di Motive e la vittima era in una vasca da bagno con i polsi tagliati.
Era un omicidio messo in scena come un suicidio e quando hanno sollevato un braccio della vittima e ho visto i tagli correre da una parte all'altra del polso, mi è letteralmente mancato il fiato dai polmoni.
E allo stesso tempo ho sentito gli occhi di mia madre bruciarmi sulla schiena.

Normalmente sono in grado di resistere - bramo così tanto il controllo anche per questo motivo.
Ma ci sono quei periodi - quei periodi in cui sono completamente sfasata, quei periodi in cui passo da un umore all'altro con uno schiocco di dita, quei periodi in cui tento di allontanare tutti e mi rinchiudo ancora di più in me stessa perché non sopporto nemmeno di essere guardata e non voglio vedere nessuno - che mi fanno vacillare e vorrei soltanto cedere.
Cedere a tutto, comprese le cose che sussurrano maligne certe notti nel silenzio della mia stanza. 



Ci sono stati inverni molto più rigidi di questo e in certi giorni, nel tardo pomeriggio e ora che le giornate si sono allungate, posso quasi sentire l'odore della primavera. 
E adoro il mio cappotto rosso, ma non vedo l'ora di smettere di indossarlo e di poter passare al giubbotto leggero. 
E passare al giubbotto leggero significa anche che siamo a marzo, che il mio pub preferito ha finalmente riaperto per l'inizio della stagione turistica e anche se forse fa ancora un po' freddino, io e le mie amiche siamo comunque già più contente - per noi l'estate comincia già a fine marzo. 

Non c'è niente come la sensazione di girare in macchina per il Lido ancora deserto, vedere il pub aperto e fiondarcisi dentro - un posto dove ormai siamo di casa da anni e nel quale siamo sempre le prime a salutare i proprietari a marzo e le ultime ad uscire a fine settembre. 

Ho bisogno della primavera. 

Ho bisogno della primavera, ma non nego che in questo momento il rumore della pioggia contro le tegole del tetto fuori dalla mia finestra è uno dei suoni più rilassanti che sento dopo tanto tempo. 

On air: William Fitzsimmons - Ever Could

sabato 9 gennaio 2016

Ieri sera ho finito di vedere la quarta stagione di Person of Interest - e dio, quanto amo quel telefilm.
Lo stesso citato nel mio ultimo post, lo stesso con quel John Reese che parla di abitudini per proteggersi dalla vita e che tiene lontani tutti e che prova a cambiare quelle abitudini, ma non ci riesce.
Andrà a finire che quando arriverà all'ultima stagione - e non hanno mai dato la conferma ufficiale, ma la quinta sarà l'ultima - farò esattamente come ho fatto con Breaking Bad: mi comprerò il cofanetto completo della serie.

Il punto è che per la seconda sera di seguito Alaska mi è saltata in braccio e si è messa a dormire sul mio stomaco.
Anche una volta finito Person of Interest, non avevo il cuore di svegliarla e spostarla e così mi sono messa a fare zapping.

E sono finita su MTV Music dove stavano trasmettendo la Top 10 Rock - potevo non lasciare lì e ascoltare?
Ho scoperto due canzoni interessanti e poi sono rimasta a bocca aperta nel vedere un video dei Bring Me The Horizon.
Punto primo perché non credevo esistessero ancora come band e punto secondo perché avevo già il dito sul tasto del volume in ricordo dei vecchi tempi e invece non c'è stato bisogno di abbassare.

I Bring Me The Horizon non mi sono mai piaciuti e in teoria avrebbero dovuto - per come ero io all'epoca e per come era la scena musicale allora, avevano tutte le carte in regola.
Anche loro sono venuti alla luce del pubblico in quel maledetto 2006 ed esattamente come poi avrebbero voluto le mode di quegli anni, con i capelli e l'abbigliamento emo.
Io non sono stata da meno.

Ho riconosciuto Oliver Sykes fin dal primo fotogramma - corpo quasi interamente tatuato e ancora taglio di capelli alla emo.
E mi sono tenuta stretta per quelle urla che in realtà non sono mai arrivate.

Il mio problema con i Bring Me The Horizon è sempre stato lo screamo di Oliver.
Ho scritto innumerevoli volte che lo screamo mi piaceva anche, ascoltavo band che ne usavano anche in abbondanza ma con i Bring Me The Horizon erano urla continue che non facevano capire nulla del testo.
Non ce la potevo fare, anche se i testi fossero stati di mio gradimento la voce di Oliver non lo era.

Ho sempre scritto che per me lo screamo aveva - e ha - ragione di esistere se accompagnato dalla parte melodica.
Le band che ascolto e che usavano/usano ancora lo screamo sono sempre state molto equilibrate in questo - quasi sempre.
Non è un mistero che alcune canzoni degli A Day To Remember io le salti, quando la parte melodica non è abbastanza.

Lo screamo mi piace ancora, non posso negarlo - è stato fondamentale per me durante quegli anni.
C'erano gli Hawthorne Heights, che dopo hanno smesso con lo screamo quando il chitarrista/screamer è morto nel 2007 - anche se poi un altro membro della band ha imparato a farlo quando si trattava di fare i pezzi vecchi in concerto e cantare le parti che erano di Calvert.
C'erano - e ci sono ancora nella mia vita - gli A Day To Remember, che però negli ultimi anni hanno ridotto lo screamo all'essenziale.
C'erano - e li amavo tantissimo - gli Hopes Die Last, l'unica band italiana che non sono mai riuscita a vedere in concerto perché l'unica volta che dovevo vederli quando sono andata a Vimercate, non sono più potuti venire.

Gli Hopes Die Last per me significavano tantissimo, anche loro una di quelle band che ho iniziato ad ascoltare quando ancora non li conosceva quasi nessuno.
Ho sempre amato la voce del cantante melodico, ricordo il primo screamer della band - Nico - che poi si è venduto alla commerciale per andare in onda su MTV ed è stato sostituito da Daniele.
Dopo una pausa lunghissima, ho sentito la loro nuova canzone ma non mi piaceva - lo stile era cambiato e il cantante melodico storico aveva lasciato.
Con gli Hopes Die Last ho chiuso anche io, ho chiuso un'altra delle parentesi rimaste aperte della mia adolescenza - una parentesi aperta in quegli anni con la canzone Thanks For Coming e che aveva iniziato a chiudersi con l'album Trust No One, dove già qualcosa iniziava a farmi storcere il naso.

Ma ieri sera ho visto Oliver sullo schermo e di colpo mi è tornato in mente tutto, tutto nello spazio di un millisecondo tra l'inizio del video e l'attacco della canzone.

All'inizio non riuscivo a staccare gli occhi da Oliver e dal suo continuare a portare i capelli in quel modo, nascondendo completamente gli occhi come facevo io.
E anche il cantante melodico degli Hopes Die Last - e tantissimi altri nella scena di quegli anni - portava i capelli in quel modo e mi sono sentita di nuovo vent'anni.
Di nuovo mi sono sentita in quell'afosa estate del 2009, sul quel treno che mi portava a Milano per due giorni di concerti di band italiane che amavo - New Hope, Romantic Emily e più di tutti Your Hero, The Glamour Manifesto, Airway e The Electric Diorama.
E gli Hopes Die Last che non erano potuti essere presenti fisicamente, comunque erano nelle cuffie del mio iPod con quel Six Years Home che ancora oggi è uno dei miei album preferiti.
Io e la mia fissa con i secondi album delle band.

Tornando ad Oliver e ai Bring Me The Horizon, mi aspettavo la solita band e il solito Oliver e invece quello che ho sentito mi è piaciuto.

Ufficialmente hanno cambiato rotta di genere musicale, passando dal metalcore all'hard rock, per fare qualcosa di diverso ma io ricordo che avevo letto in giro che Oliver si era completamente sputtanato la voce.
Già bisogna imparare a fare screamo, non è che uno si può improvvisare screamer così, urlando.
E comunque le corde vocali sono sempre a rischio.
Ma io ricordo le canzoni di quegli anni, ho persino il loro EP This Is What The Edge Of Your Seat Was Made For e l'album Count Your Blessings, e Oliver sembrava davvero che urlasse così a caso.

Anche nella canzone che ho sentito ieri sera c'è dello screamo, ma è tipo l'1% di quello che era presente in una tipica canzone dei Bring Me The Horizon.
E sono rimasta così colpita da questo cambiamento che non ascolto altro da ore, ma ancora non me la sento di indagare ulteriormente su questo album uscito a settembre.
Forse non me la sentirò mai, visto che non ho mai avuto ottimi trascorsi con questa band.

Ma chissà.

Forse era anche pregiudizievole, ma ho sempre provato un'avversione feroce per i Bring Me The Horizon.
E dire che Oliver canta anche in una canzone degli You Me At Six e partecipa al video di una delle mie canzoni preferite degli A Day To Remember - e nel video di All I Want compaiono anche Pete Wentz dei Fall Out Boy e tante altre band che ascoltavo in quei due anni infernali come Silverstein, Parkway Drive e Comeback Kid e altre che avevo provato ad ascoltare ma con cui non aveva funzionato come The Devil Wears Prada, As I Lay Dying, August Burns Red, MxPx e Set Your Goals.

Oliver ora non può più urlare e la band ha "ammorbidito" il proprio stile e più ascolto questa canzone e più mi sto convincendo a provare a dare una chance a That's The Spirit.
Ci devo pensare. 


I wouldn't hold my breath if I was you
Cause I'll forget but I'll never forgive you
Don't you know, don't you know
True friends stab you in the front?

It's funny how things work out
Such a bitter irony
Like a kick right to the teeth
It fell apart right from the start
But I couldn't even see the forest for the trees
(I'm afraid you asked for this)

You've got a lot of nerve, but not a lot of spine
You made your bed when you worried about mine
This ends now

I wouldn't hold my breath if I was you
Cause I'll forget but I'll never forgive you
Don't you know, don't you know
True friends stab you in the front?
I wouldn't hold my breath if I was you
You broke my heart and there's nothing you can do
And now you know, now you know
True friends stab you in the front

It's kind of sad cause what we had
Well, it could have been something
I guess it wasn't meant to be
(So how dare you)
Try and steal my flame
Just cause yours faded
Well, hate is gasoline
A fire fuelling all my dreams
(I'm afraid you asked for this)

You've got a lot of nerve, but not a lot of spine
You made your bed when you worried about mine
This ends now

I wouldn't hold my breath if I was you
Cause I'll forget but I'll never forgive you
Don't you know, don't you know
True friends stab you in the front?
I wouldn't hold my breath if I was you
You broke my heart and there's nothing you can do
And now you know, now you know
True friends stab you in the front

You can run, but you can't hide
Time won't help you
Cause karma has no deadline
You can run, but you can't hide
Time won't help you
Cause karma has no deadline

I wouldn't hold my breath if I was you
Cause I'll forget but I'll never forgive you
Don't you know, don't you know
True friends stab you in the front?
I wouldn't hold my breath if I was you
You broke my heart and there's nothing you can do
And now you know, now you know
True friends stab you in the front

And now you know, now you know
True friends stab you in the front
And now you know, now you know
True friends stab you in the front

Ieri sera mi sono anche resa conto di una cosa. 
Alcuni gruppi di quegli anni li ascolto ancora perché mi hanno accompagnato per tutta la mia vita, perché mi sono resa conto che sono cambiati insieme a me. 
Quando invece sento di questi comeback da parte di band che avevo smesso di ascoltare, per me è come tornare ad avere quegli anni - come se nessuno di noi fosse mai cambiato anche se non è vero. 
La sensazione è quella e giuro che sto ascoltando questa canzone e sto pensando di riascoltarmi gli Hopes Die Last e sento già me stessa scivolare nei panni di quella ragazza di vent'anni che ancora non sapeva fare a stare in piedi. 
Alcune band ho smesso di ascoltarle proprio per questo motivo: non posso permettermi di tornare ad essere quella persona.

On air: Bring Me The Horizon - True Friends

martedì 5 gennaio 2016

"Have you lost a lot of people, John?
But you don't talk about any of them, do you?
Why do you think that is?"

"It's a occupational hazard. With the work I've done,
privacy becomes... a habit."

"Maybe it's time for some new habits."

"Sometimes, habits are there to protect you."

"From what?"

"From life. From the way things go.
From the fact that every time you get close to someone, you..."


Ci sono cose che cerco di dimenticare, ma poi ci pensa uno dei miei telefilm preferiti a ricordarmelo. 
Ci pensa John Reese di Person of Interest, uno che come me non sorride quasi mai e parla ancora meno.


Non sono sparita, semplicemente non avevo voglia di scrivere. 
Se è per questo non avevo neanche l'ispirazione.

L'ispirazione è sempre stata altalenante nella mia vita. 
A volte mi colpisce all'improvviso e non ho niente a portata di mano per poter scrivere - molto spesso mi colpisce mentre sto guidando in macchina perché un certo verso di una certa canzone mi fa venire in mente delle cose. 
A volte ci metto giorni a comporre un post che abbia anche solo un vago senso e altre volte mi siedo alla scrivania e basta, scrivo senza fermarmi - scrivo fino a quando la mia testa non è vuota.

Ci sono mattine come questa in cui sto guidando, la musica suona nell'abitacolo della macchina e mi rendo conto che sto bene così - che non ho bisogno di altro.
Che le uniche cose che mancherebbero forse sono un clima tiepido, il sole e il vento che entra dal finestrino aperto a scompigliare i capelli. 
E come ero stata bene e di buon umore quel giorno della settimana scorsa in cui era uscito il sole - il sole a dicembre è capace di sedare qualsiasi inquietudine si stia muovendo in quel momento nella mia testa.

Non so quando sono diventata così anestetizzata nei confronti di tutto, quando ho dimenticato come si fa a provare sentimenti ma posso immaginarlo. 
Immagino che sia stato quando sono passata dal sentire tutto - ogni cosa - tutto insieme al fissare il vuoto con nessuno in grado di raggiungermi nel posto in cui mi ero nascosta. 
Immagino che sia stato in quel mese di febbraio, a soli due mesi di distanza dal compimento dei miei diciannove anni.

Non sono mai riuscita ad avere le mezze misure - per me è sempre stato tutto bianco o nero, mai toni di grigio nel mezzo. 
Con me è sempre stato tutto o niente e tra il tutto di quel dolore che sentivo alla fine ho scelto il niente
Ma non è mai stato un vero "niente" perché sotto l'apatia e l'indifferenza ancora covavano dolore e nervosismo e rabbia - quella rabbia che non ha mai smesso di bruciare tutto ciò che era rimasto del resto fino a ridurlo in cenere.

Non ricordo come sia provare qualcosa di diverso da quelle tre sensazioni.

Ma ci penso, eccome se ci penso. 
Ascolto quelle poche canzoni romantiche presenti nella mia playlist e provo ad immaginare cosa si debba provare e a volte riesco a sentire il fantasma di quelle sensazioni. 
Le canto e mi sembra di sentire la loro carezza sul viso.

Ma poi la canzone finisce e io torno ad essere la stessa ragazza di sempre, inizia un'altra canzone e mi dimentico di tutto il resto perché non mi importa finché c'è musica che suona. 
E mi dico che ci penserò quando smetterà di suonare.

Ma per me la musica non smette mai di suonare. 
È una delle mie tecniche di sopravvivenza, come quella che usavo anni fa per scendere dal letto e affrontare la giornata - se ce l'ho fatta ieri, posso farcela anche oggi.

In questi giorni ho ripensato molto alla persona che ero, a quella ragazzina appena maggiorenne che a malapena riusciva a stare in piedi.

E sempre per restare in tema di telefilm, ieri sera ho guardato Grimm con i miei e oggi pomeriggio mi sono guardata il finale di stagione di Hell on Wheels e la 4x08 di Game of Thrones che ho registrato.

Avendo fatto partire la registrazione con molto anticipo per evitare di perdere anche un solo singolo fotogramma, prima di Game of Thrones c'era il finale di una puntata di Ghost Whisperer - uno dei pochi telefilm che non ho mai terminato di vedere perché mi era venuto a noia.

Quella puntata però - La Maledizione della Nona - me la ricordavo bene perché mi ha regalato una delle canzoni più belle della mia vita e mentre mi guardavo il finale prima di vedere lo scontro tra la Vipera Rossa e la Montagna (anche se sapevo già come sarebbe andata a finire, maledetti spoilers), mi sono chiesta come ho fatto a dimenticarmi della sua esistenza. 
Forse perché quella canzone appartiene a quegli anni che tento sempre di dimenticare e di far finta che non siano mai esistiti. 
Ma ci sono stati.

Probabilmente quella canzone è stata la prima in assoluto delle canzoni che mi sono state regalate dai telefilm. 

E mia madre ha detto che se la ricordava più struggente, ma per me è senza tempo - ancora io mi sono ritrovata in lacrime nel sentirla. 
Quella canzone era mia in un modo che nessuno poteva capire - era mia in anni in cui ancora non sapevo come mettere nero su bianco come mi sentivo nonostante riempissi pagine e pagine di bloc-notes ovunque fossi. 

Quella canzone era dei Midnight Hour e si chiamava Running Away
Con me, certe cose non accadono mai per caso. 

Don't lie and say that it's OK.
It's alright if there's nothing more to say.
So I'm running away.
I'm leaving this place.
Yeah, I'm running away.
I'm running away.

Don't tell me I'm the one to blame.
It's too late for you to make me stay.
No, I won't stay.
So I'm running away.
I'm leaving this place.
Yeah, I'm running away.
I'm running away.

And faster than you can follow me from this lonely place.
And farther than you can find me, I'm leaving
Yeah I'm leaving today.
And I, I'll never let you find me.
I'm leaving you behind with the past
No, I won't look back.
And I don't want to hear your reasons.
Don't want to hear you tell me why I should stay.

And try, and try to understand me
And try to understand what I say when I say I can't stay
I, I'm moving on from this place
I'm leaving and I won't quit running away.

Midnight Hour che avevano altre due canzoni che si chiamavano rispettivamente Nothing Lasts Forever e This Is Where It Ends
Non ho mai detto di essere stata una persona allegra.

E presa dalla scia, ho riascoltato anche altre canzoni di quegli anni. 
Ho riascoltato i The Mission District, scoperti a casa di questa ragazza che conoscevo e da cui io e la mia amica di Milano avevamo dormito dopo essere andate a vedere un concerto degli Your Hero nel febbraio del 2009. 
Ho riascoltato i There For Tomorrow - scoperti più o meno nello stesso periodo dei You Me At Six. 
Ma con i There For Tomorrow l'amore è durato solo il tempo di due canzoni, però ancora le strofe di Pages sono capaci di fare presa su di me. 

The turns you had to take still keep you awake
Down come the walls where you once stood
From constant changes you have made
You'll keep inside 'til you have a say

[..]

The only time you had to think of all the things involved
Came when you were least expecting
And now it's up to us to replace it
To tell us when ages have made a difference
Cause changes tell just who we are
 

Ogni tanto dimentico quanto sono belle certe canzoni. 
Ogni tanto dimentico quanto sanno descrivermi bene.

Mi lamento sempre di quei ricordi, della persona che ero ma dico sempre comunque che un po' sento nostalgia di lei. 
Per molte cose sono insoddisfatta della mia vita, ma per il resto sono contenta delle persone che mi circondano ora.

Quelle canzoni non vengono più suonate da anni, ma ancora le conosco. 
Ancora comunque per me significano qualcosa perché sono state un gradino per arrivare alla persona che sono oggi. 
Ogni tanto dimentico che ci sono canzoni che spiegavano la mia vita e quello che sentivo all'epoca perché ora ce ne sono altre, ci sono band che sono i capisaldi della mia colonna sonora quotidiana e che non hanno bisogno di essere prese a piccole dosi come le altre.

Ma io trovo sempre nuove canzoni e quando mancano canzoni nuove, riscopro quelle vecchie. 
E quando quelle vecchie fanno troppo male, ne ho sempre una manciata che dicono le stesse cose senza avere l'effetto di una coltellata. 

It would break your heart, if you knew me well.
See, I have run so far that I've lost myself.
And there are things I have seen that I never will tell.
They drove me out of my mind and inside of myself.
 

On air: The Gaslight Anthem - Break Your Heart 

martedì 7 luglio 2015

In questi giorni mi sono messa a riascoltare quelle band italiane che tanto amavo a vent'anni - e dio, quanto tempo che è passato.
The Electric Diorama, The Glamour Manifesto, Hopes Die Last, Your Hero, Airway, Vanilla Sky, My Last Fall. 

Con l'eccezione degli Hopes Die Last, li ho visti e sentiti tutti suonare live - alcuni anche più di una volta. 

Erano bei tempi. 

Erano tempi in cui ero ancora un po' messa male, ma sulla lenta via della ripresa.
Non che poi io sia mai ritornata sana, eh. 



È una cosa che avevo già sentito in precedenza un paio di anni fa, ma che non avevo collegato fino a quando non l'ho riletta per caso domenica sera.

La parola "tatuaggio" in tahitiano significa "to mark something", ovvero "marchiare qualcosa".
Ma in samoano ha un altro significato, in samoano significa "open wound"  - "ferita aperta". 

E dopo aver riletto questa cosa mi sono guardata la zampetta e le iniziali all'interno del mio polso e sì, quella è ancora una ferita aperta. 
Non sono nemmeno sicura che si chiuderà mai. 

Venerdì andrò con Laura a prendere l'appuntamento per il secondo - il logo degli Yellowcard con una scritta all'altezza delle costole - e quello non sarà una ferita aperta, ma un "semplice" marchiare qualcosa - in particolare la mia pelle ad un'occhiata superficiale ma anche molto, molto di più. 

- Why is this so important to you?
- Do you know what the word "tattoo" means?
- To mark something.
- Well, that's in Tahitian.
In Samoan, it means "open wound".
(Teen Wolf - 3x01 - Tattoo)

On air: Melody Fall - Un Treno Per Non So

martedì 3 febbraio 2015

Vi capita mai di guardare un film oppure una serie televisiva in cui viene citato un libro oppure una canzone e da come ne parlano sembra la cosa più bella del mondo?
Vi capita mai di pensare "cavoli, come vorrei leggerlo!" oppure "cavoli, come vorrei sentirla!" ma poi scoprite che è tutto fittizio, creato apposta in funzione della trama?
A me capita continuamente.

A volte si è fortunati e quei libri e quelle canzoni vengono create sul serio.

Con le canzoni è molto difficile essere fortunati.
Ricordo una canzone che mi piaceva molto nella serie Hellcats e ne ricordo una nella quarta stagione di Rizzoli & Isles: trenta secondi realizzati apposta per l'episodio, ma poi mai trasformati in vere canzoni.

Ho avuto fortuna con Heat Wave, il tanto proclamato libro di Richard Castle - protagonista dell'omonima serie televisiva - poi trasformato in una vera e propria serie di romanzi.
La serie inizia con il giallista Richard Castle in cerca di ispirazione per una nuova serie di libri e trova nel Detective Kate Beckett la sua musa per creare Nikki Heat.
Quei romanzi poi sono stati scritti davvero e pubblicati e siccome Richard Castle era già famoso per il suo precedente eroe Derrick Storm, ora sono stati creati anche quei romanzi.

Ho avuto fortuna con God Hates Us All di Hank Moody, protagonista di Californication, ma sarò sincera: il libro è carino, a me è piaciuto e non mi stanco mai di citare uno degli ultimi dialoghi tra il protagonista e la sua ex-ragazza, quella con cui inizia più o meno tutta la vicenda.
Ma nella serie - perlomeno nella prima stagione - viene proclamato come un capolavoro assoluto, un'esecuzione magistrale di scrittura dissacrante sulle relazioni sentimentali scritto da uno scrittore altrettanto dissacrante.
Viene proclamato come il libro che ha portato Hank Moody alla vetta del successo, viene proclamato come la sua consacrazione e tutta la prima stagione è un tira e molla tra lui e Hollywood perché Hank è stato costretto a trasferirsi da New York a Los Angeles per la realizzazione cinematografica - e che cazzo, vogliono che lui scriva la sceneggiatura ma che faccia finire la storia dei protagonisti a lieto fine!
God Hates Us All viene portato in palmo di mano come un manuale sull'amore, come il libro della vita ma quello che poi hanno scritto è.. normale.
Si legge comunque bene, ma è quasi insipido rispetto al ritratto che ne avevano fatto.

E poi ci sono quelle canzoni e quei libri che non verranno mai - e dico mai - creati.

Penso ai testi delle canzoni fittizie di Adam Wilde scritti nell'ultimo libro che ho letto - Resta Sempre Qui di Gayle Forman - e cosa non darei perché fossero reali.
Penso a An Imperial Affliction di Peter Van Houten creato e citato in The Fault In Our Stars di John Green.
Penso che sotto le feste di Natale ho visto il film The Words con Bradley Cooper, Zoe Saldana, Dennis Quaid e Jeremy Irons ed era una storia nella storia. La storia di Clayton Hammond interpretato da Dennis Quaid che legge in pubblico alcuni estratti del suo romanzo The Words, il quale racconta a sua volta la storia di un altro scrittore di nome Rory Jansen (Bradley Cooper) che non riesce a sfondare, ma che un giorno trova un vecchio manoscritto e decide di pubblicarlo a suo nome.
Ma poi incontra il vero scrittore - The Old Man, interpretato da Jeremy Irons - il quale racconta la vera storia che sta dietro al romanzo di cui Rory si è appropriato.
E anche in quel caso ho provato il desiderio bruciante di leggere Le Lacrime Dalla Finestra.

In realtà però c'è un altro libro per il quale ucciderei se soltanto esistesse davvero e si tratta di An Unkindness Of Ravens di Lucas Scott.

Ho scritto innumerevoli volte quanto io abbia amato One Tree Hill, quanto ancora lo ami anche dopo anni che è finito, quanto - sebbene poi i miei preferiti siano diventati Nathan e Brooke - il mio amore all'inizio fosse per Lucas e Peyton.
E vorrei che esistesse questo libro, per rivivere ancora una volta e dal punto di vista di Lucas il rapporto con il suo fratellastro Nathan e con quel padre mai degno di essere chiamato tale.
E poi il rapporto con sua madre e con lo zio Keith, gli amici e il basket a River Court e il triangolo tra Brooke e Peyton e l'amore per quest'ultima.
E a causa di questo, vorrei leggere anche il suo seguito - The Comet - un'altra dichiarazione per Peyton e che deve il suo titolo proprio alla macchina che lei guidava.
Quella macchina con cui stava ferma durante il semaforo verde e con cui poi partiva sgommando non appena diventava rosso, incurante dei possibili incidenti.
Quella macchina che permise il primo incontro tra Lucas e Peyton, quando questa rimase un giorno a piedi.

"The boy saw the comet and he felt as though his life had meaning. And when it went away, he waited his entire life for it to come back to him."

Non smetterò mai di desiderare che questi libri possano un giorno esistere sul serio. 



E per quelle che io chiamo "fortunate coincidenze", oggi ho iniziato il libro che Anna mi ha regalato per Natale - Boy21 di Matthew Quick - che, guarda caso, parla proprio di basket e mi fa tornare in mente proprio One Tree Hill e il periodo in cui facevo le ore piccole per vedere le repliche delle partite in cui Marco Belinelli giocava e contiene persino una frase che si ricollega al mio post di ieri e, in generale, al mio modo di vivere. 
You can lose yourself in repetition - quiet your thoughts; I learned the value of this at a very young age.

On air: Trading Yesterday - One Day

martedì 23 settembre 2014

Date le premesse temevo il peggio, ma dopo One Bedroom gli Yellowcard hanno fatto uscire altre due canzoni: Make Me So e Transmission Home.
E ieri ho anche sentito l'anteprima di Crash The Gates.
E seriamente, quanto sono stata sciocca a preoccuparmi?

Li amo, li amo come sempre.
Adoro i loro testi, la voce di Ryan resta una delle più belle e davvero, dedicatemi una loro canzone e vi amerò per sempre.


Come ho già scritto diverse volte, mi sono davvero stancata di romanzi e storie d'amore in generale.
È inutile, proprio non riesco a leggerli e dire che una volta ero fissata, ma ora non so dire se sia dovuto al fatto che non sono più una ragazzina oppure se sia dovuto al fatto che sono molto più cinica di quanto fossi una volta.

L'ultimo libro che ho finito è House of Cards di Michael Dobbs, il thriller politico che ha dato vita all'omonima serie di Netflix con Kevin Spacey.
È stata una lettura tostissima, specialmente i primi dieci capitoli perché sono quelli in cui tutti i personaggi vengono presentati tutti in una volta e ci si mette un po' a capire chi è chi e chi fa cosa.
C'è anche il fatto che la politica inglese è alquanto diversa dalla nostra e non tutte le "figure" hanno un suo proprio corrispettivo e accadono cose che apparentemente non hanno senso e serve appunto superare lo scoglio dei primi dieci capitoli per vedere finalmente la trama dipanarsi.
Ci ho messo mesi a leggere quei dieci capitoli ma poi, quando le cose hanno iniziato a farsi davvero interessanti, non riuscivo a smettere perché la mente di Francis Urquhart era davvero diabolica.

Essendo una patita di telefilm conoscevo di fama la serie Netflix e non essendo americana quindi non ho visto né la prima e neanche la seconda stagione, ma mi ero informata sull'argomento e sentivo così tante cose belle in merito che alla fine mi intrigava un sacco.
E quando ho sentito la notizia che Sky l'avrebbe trasmessa mi sono comprata il libro per colmare l'attesa - attesa ancora in corso perché non ho Sky, ma non è questo il punto.

È stata una lettura pesante e difficile, ma che alla fine mi ha davvero colpita e da brava masochista che si rispetti ho tutte le intenzioni di comprarmi anche il secondo libro - che, per la cronaca, esce alla fine di questo mese.
Già, perché Michael Dobbs ha scritto una trilogia su Francis Urquhart.

Sono perfettamente consapevole delle differenze: Inghilterra fine anni '80 vs Stati Uniti moderni, monarchia parlamentare vs repubblica federale, tories vs democratici, Chief Whip vs Congressman e via discorrendo.
Domenica notte il canale Cielo ha trasmesso in chiaro in anteprima i primi due episodi di House of Cards e ieri me li sono visti.
Ancora dico che sono consapevole delle differenze e anche se nella mia mente continuavo a pensare "Ok, Frank Underwood è Francis Urquhart e sua moglie Claire sarebbe Mortima però Claire è molto più presente di quanto in realtà non fosse la sua controparte inglese e Zoe rappresenta Mattie mentre Peter rappresenta Roger e invece nel romanzo la figura di Doug non esiste davvero", me lo sono goduta comunque perché nonostante la fatica sono rimasta entusiasta dal romanzo e avevo - ho ancora - grandi aspettative per la serie.
Mia madre - che ha iniziato ieri il libro - invece è molto turbata dal cambio radicale di scenario; a me interessa relativamente perché la mente diabolica di Francis è sempre la stessa, sia che me lo metti in un'Inghilterra di fine anni '80 o che me lo trapianti negli Stati Uniti del 2013.

E vi dirò anche di più, vi offro una piccola curiosità: Kevin Spacey è sempre stato uno di quegli attori capaci di incutermi timore e di farmi "paura", roba che possono essere le persone più dolci del mondo ma io comunque scapperei dalla parte opposta se me li trovassi davanti.
Michael Shannon è un altro di quel calibro, per esempio.
Insomma, Kevin Spacey mi fa "paura" quindi è assolutamente perfetto per il ruolo di Frank Underwood e io non posso fare a meno di restare affascinata dalla sua interpretazione. 


Politics requires sacrifice.
The sacrifice of others, of course.


Ma sono finita terribilmente fuori tema nel frattempo.
Tutto questo per dire che l'ultimo libro che ho finito è un thriller politico e adesso sto leggendo Colorado Kid di Stephen King, anche questo un libro che poi ha dato vita ad una serie televisiva: Haven.
Anche se dalla seconda stagione in poi, libro e serie non hanno praticamente più niente in comune se non i nomi dei protagonisti.

Tutto questo per dire che leggo generi completamente agli antipodi di quelli che ero solita divorare e che persino vedere le foto di una mia amica con il suo ragazzo su Instagram mi fanno sospirare un "ma che noia".
Forse sono diventata/sto diventando aromantica o forse sono troppo apatica per prendermi il disturbo di provare qualcosa.

Una volta ero capace di farmi dei veri e propri "film" su me e te insieme e un altro segno che non provo più niente per te è il fatto che non ci riesco più.
Appena ci provo subito mi vieni in mente tu con la tua ex e il modo in cui la stringevi e la baciavi davanti a me e no, davvero, mi viene il voltastomaco.

Ci sono volte in cui non riesco a separare te da lei e voi due siete l'unica cosa che "vedo" nella mia mente e fidati, non ne ho assolutamente bisogno.

On air: Radical Face - The Crooked Kind

sabato 23 agosto 2014

Non scrivo da un po' di tempo e in realtà non ne avrei voglia neanche adesso ma ho pensato che fosse ora di farlo perché ehi, sono ancora viva.
Certo, un po' a pezzi - e in questo caso letteralmente perché sabato scorso una delle prime cose che ho fatto appena tornata a casa è stata aprire il cassetto e tirare fuori la lametta - ma ancora in piedi. 

Forse sono davvero una persona e un'amica orribile perché spesso non me ne frega niente, ma sentire sempre i soliti discorsi non fa altro che farmi pensare a come io menta sempre, a come io risponda sempre che va tutto bene, a come io nasconda che un polso sanguinante e arrossato e gonfio a volte è l'unica cosa in grado di far tacere cuore e cervello quando gridano troppo forte perché io sono troppo impegnata a concentrarmi sul dolore fisico che provo in quel momento. 

E sabato scorso avevo un attacco d'ansia e lo stomaco annodato ed ero ubriaca, ma non abbastanza.
E avevo male allo stomaco dall'ansia e volevo bere ancora di più ma sapevo che ogni sorso mi avrebbe portata sempre più vicina al vomito e non perché avessi bevuto troppo - non come le uniche due volte in cui ho vomitato in quasi dieci anni che bevo alcolici - ma perché nel mio stomaco non c'era abbastanza spazio per contenere sia la mia angoscia che la vodka.

E mi chiedevano cos'avessi che non andava e io sorridevo, rispondevo che "niente, sto bene" e intanto buttavo giù un altro sorso di vodka, aggrappandomi con tutte le mie forze al pensiero che una volta arrivata a casa poi avrei potuto sfogarmi. 

Ogni tanto mi chiedo cosa pensi mia madre quando da un giorno all'altro mi vede scendere con la fascia avvolta attorno al polso. 
E non voglio che i miei lo sappiano, ma non sempre aspetto che i tagli siano completamente guariti prima di levare la fascia e un po' mi piace provare il brivido di fare le cose di tutti i giorni con il rischio che al minimo movimento i miei genitori vedano i segni. 
Anche se poi, come l'altro giorno che ero in bagno con mio padre ed entrambi ci stavamo lavando le mani e ho ruotato il polso in un certo modo, quasi mi è venuto il panico al pensiero che se ne fosse accorto. 

Ma non lo faccio solo perché mi piace il brivido, levo la fascia anche perché mi piace vedere cosa mi sono fatta.
E sono consapevole che avrei bisogno dello psicologo e di smettere di mentire, ma chiaramente non sono ancora pronta a farlo visto che vado orgogliosa dei miei "capolavori". 

Ho quest'amica qui in vacanza da due settimane che è depressa e che mi ha detto che negli ultimi mesi ha pensato seriamente al suicidio, ma che l'ha fermata solo il pensiero di non voler fare del male a sua madre. 

E forse questo fa di me una persona orribile, ma io non ce la faccio a sentire questi discorsi. 
Non perché non me ne freghi niente, ma perché non puoi parlare di queste cose con un'autolesionista. 

In gergo tecnico si chiama trigger.
È come quando mettono gli avvertimenti in alcune storie - libri o film che sia - dicendo che l'argomento trattato è delicato e per questo potrebbe provocare "ricadute" in alcuni soggetti. 
E le ricadute riguardano tematiche come suicidio, autolesionismo, anoressia e via di questo passo. 

Per me è lo stesso. 
Ricordo ancora quegli episodi di Criminal Minds e The Good Wife in cui si parlava di autolesionismo e a me era venuta immediatamente voglia di tagliarmi, tanto che avevo cominciato a graffiami la pelle del polso con le unghie. 

Non riesco a sostenere conversazioni del genere perché la mia concentrazione finisce poi su me stessa e sulle voglie sbagliate che in realtà non dovrei avere.
Il problema è che se tu continui a mentire e a fingere che vada tutto bene, gli altri poi non sanno che quegli argomenti non vanno nemmeno pensati.
E mentre la mia amica si sfogava, io lasciavo che fossero Serena e Laura a rispondere.

Lei diceva che per aiutarsi a dormire ha bisogno di fumare e intanto io pensavo che invece io ho bisogno di tagliarmi. 
Lei diceva come prima di addormentarsi pensa a svariati scenari di suicidio e intanto io pensavo che invece io immagino scenari in cui sono rimasta sola e non faccio altro che tagliarmi. 
Lei raccontava del giorno in cui ha provato a suicidarsi e intanto io pensavo a quella sera di tanti anni fa in cui mi sono vista nello specchio e mi è sembrato che fosse un'estranea ad osservarmi di rimando ed è scattato qualcosa nella mia testa, tanto che ho sfilato la cintura dai miei jeans e me la sono stretta attorno alla gola fino a smettere quasi di respirare. 

E sono due modi diversi di scendere a patti con le cose, lo capisco. 
Lei ha bisogno di parlarne e di sfogarsi con qualcuno e invece io preferisco nascondere tutto, un po' come si fa con la polvere sotto il tappeto. 

E forse sono davvero un'amica di merda, ma questi discorsi proprio non riesco ad ascoltarli. 
E forse da una parte sarei la persona più indicata perché io so come ci si sente, ma dall'altra proprio mi passa la voglia perché è fin troppo impegnativo prendermi cura di me stessa e farmi da psicologa cercando di riconoscere in anticipo i sintomi e cercare poi di mantenere il controllo, comportandosi da persona razionale. 
E poi ehi, avete dimenticato tutte le volte in cui ho detto di essere egocentrica e di come mi importi solo di me stessa? 
Il che, detto da un'autolesionista, fa un po' ridere.

Non sono a rischio suicidio - so di non esserlo da quando avevo diciannove anni - ma non ho mai smesso di tagliarmi, anche se capita che io riesca a smettere anche per periodi abbastanza lunghi. 
Però tutti quei discorsi per me sono pericolosi comunque perché poi io immagino tutti i modi in cui potrei farmi del male e mi viene voglia di metterli in atto - è come avere sempre il dito sul grilletto e basta il minimo movimento per causarne la premuta. 

Chissà perché questi non-post alla fine finiscono sempre per essere un revival dei (non) bei tempi andati.

On air: The Gaslight Anthem - Break Your Heart

mercoledì 23 luglio 2014

Uno dei miei difetti - uno dei miei problemi - è sempre stato quello di sopravvalutarmi troppo. 
E lo so, sembra assurdo considerando che passo il 99% della mia vita in preda alle mie crisi di insicurezza e autostima e lascio loro campo libero nel governarmi l'esistenza. 

Uno dei miei problemi è sempre stato il controllo. 
Ne mantengo sempre troppo su me stessa tanto che non so mai quando è il caso - il momento - di mollare un attimo la presa e quando accade, poi è una tragedia perché sono alla deriva e non so più come recuperare quello che ho perso. 

E quando ci riesco, è sempre più difficile della volta precedente e sempre a caro prezzo.
Un prezzo sempre più caro che ogni volta mi costringe ad uccidere una parte di me stessa, quella che così stupidamente ha lasciato le redini e mi ha lasciata scivolare nel caos.

Sono otto anni che esercito un controllo ferreo su di me, due di questi otto anni completamente sprecati perché ero troppo spezzata per anche solo pensare di poter recuperare quello che avevo perso.
Quello che forse non avevo mai avuto. 

Una volta capito come fare - una volta capito quali parti di me andavano eliminate - non dico che sia stato facile, ma è diventata una routine. 
È diventata la normalità

Ogni mattina mi svegliavo e pensavo che dovevo smetterla - smetterla con i pensieri, con i desideri, con i ricordi di quello che era una volta, con i rimpianti per quello che avrebbe potuto essere, con le speranze che un giorno sarebbe tornato tutto come una volta - e soffocare tutto per non commettere ancora gli stessi errori. 
Per non permettere a me stessa di trovarmi ancora una volta con l'acqua alla gola e sul punto di affogare.

Serena mi dice sempre - quando le permetto di scivolare in argomenti del genere - che sono stata forte nel sopravvivere e che sono ancora forte.
In realtà io mi sento una debole, una vigliacca e sei giorni su sette non ho quasi nemmeno la forza di respirare ma sotto alcuni aspetti ha anche ragione: ci vuole forza per mantenere un controllo come quello io mantengo su me stessa. 

Ma è da due mesi che c'è qualcosa che non va, sento il controllo che mi scivola tra le dita e non riesco a trattenerlo e avevo promesso a me stessa che con le mie amiche non avrei più usato delle maschere - e mi sono autoconvinta che il controllo fosse solo una forma di prevenzione e non un muro vero e proprio tra me e loro - ma sono solo menzogne abilmente confezionate. 

Sto perdendo il controllo di cui mi sono sempre vantata tanto - quello che mi impedisce di fuggire ogni volta che sono sull'orlo oppure in pieno attacco di panico con solo l'abile aiuto di un paio di unghie piantate nella pelle del mio polso - e non riesco a trovare il modo di fermare la discesa. 
Già, perché ho bisogno di farmi del male fisico per non permettere al mio stomaco di rivoltarsi su se stesso e per restare con i piedi ben ancorati a terra - per permettere alla mia mente di restare lucida abbastanza da formulare piani di fuga e calcolare ogni possibilità e non andare in overdrive, restando completamente alla cieca.

Sto perdendo sempre più controllo man mano che i giorni passano e sento le vecchie voci nella mia testa - e no, so che non sono reali e non ho le allucinazioni e non sono schizofrenica, solo autolesionista e forse più depressa di quello che voglio ammettere a me stessa - e i vecchi tarli che ricominciano a rosicchiare parti di me che credevo di aver eliminato. 

E non voglio più uscire di casa e mia madre mi chiede cosa non va e io non posso dirglielo perché quel poco di controllo che mi è rimasto mi fa tenere la bocca cucita. 
Sento voci del passato che mi incitano a cedere perché in fondo sono una debole, lo sono sempre stata e perché faccio ancora resistenza?

Sto lottando ferocemente contro me stessa da due mesi - o forse lo sto facendo da otto anni, ma ho sempre chiuso gli occhi di fronte a questa eventualità - e devo trovare la forza di ricostruire con minuzia quelle maschere che credevo spezzate per sempre e devo farlo perché c'è ancora tanto di quel marcio dentro di me - così appena al di sotto della superficie che basterebbe una minuscola crepa per intravederlo - e che è cresciuto come un'erba velenosa - come un fungo - e non posso permettere che il resto del mondo lo veda.

E in fondo l'ho sempre detto, sono egoista. 
E tutto il marcio che ho dentro non è altro che la forma più egoistica di me stessa che ancora non ha capito che certe cose sono perse per sempre e che forse non sono mai esistite e che è inutile bruciare di invidia quando le vedo manifeste in altre persone. 
Non è altro che la forma più egoistica di me stessa che non ha ancora capito che non avrà mai più tutto quello che invidia nelle altre persone perché non ha le capacità (sociali e relazionali) per averlo e mantenerlo. 
Perché è troppo guasta per averlo e se non fosse stata così guasta forse non l'avrebbe mai perso in principio. 

E allora devo ricominciare a nascondermi, a mentire (più del solito) e devo ricostruire la facciata che tutti vogliono vedere perché non posso permettere al marcio dentro di me di rovinare tutto - non un'altra volta. 
Anche se la parte più autolesionista di me mi sta spingendo in tutti i modi per mandare tutto a puttane. 

Devo smetterla di essere egoista e incollarmi di nuovo un sorriso sulla faccia. 
Devo riprendere il controllo e mostrare che va tutto bene - perché, c'è forse qualcosa che non va? 

Alicia: I have to stop thinking about myself.
Grace: Sometimes it's good to think about yourself.
Alicia: Yes. And sometimes it's not.
[The Good Wife - 4x20 - Rape: A Modern Perspective]

Sono brava a mentire, ho imparato presto a farlo. 
E anche se ho smesso da un po', dev'essere tipo come andare in bicicletta: è un po' che non lo fai, ma ricordi benissimo come funziona.

Nessuno vuole avere a che fare con la versione più patetica e piagnucolosa di me mai esistita. 

Ho bisogno di ogni oncia di controllo che mi è rimasta. 
Ho bisogno di ritrovare tutto il controllo che ho perso prima di cadere a pezzi. 

E come se non bastasse, devo combattere anche contro la voglia di riprendere a tagliarmi per l'ennesima volta. 

On air: Hurts - Illuminated

mercoledì 25 giugno 2014

Vedo i tuoi amici ogni tanto e li vedo osservarmi - li sento giudicarmi.
Ma lascio che facciano e spesso non mi importa se magari ti riferiranno qualcosa - se ti diranno cos'ha fatto la sfigata durante la serata.

Anche tu avevi e hai sempre avuto lo stesso sguardo - è quasi come se fosse impresso a fuoco nella mia mente.
Non ti vedo da forse prima di Natale, eppure ci sono giorni in cui ancora mi importa.
Ci sono altri giorni invece in cui non mi ricordo nemmeno della tua esistenza.

A volte desidero ancora vederti, non so perché.
Poi vedo gente che ti assomiglia - anche in meglio, come dice Laura - ma io rispondo che per me sarai sempre tu.
Che il paragone con gli altri non c'è e non può esistere.
Quanto è malata questa cosa?

Sento gli sguardi dei tuoi amici che mi giudicano e a volte ricambio quegli stessi sguardi.
Sì, perché sono un disastro e forse avrei sul serio bisogno dello psicologo, ma a volte ricambio quegli sguardi e li sfido a giudicarmi.
E ci sono occasioni in cui sento che non ho nulla di cui vergognarmi.

Sono un disastro, ma poteva andare molto peggio e mi sono stancata di avere un'etichetta addosso.
Anni fa ero io la prima ad etichettarmi perché mi sembrava di non avere più un'identità, ma poi sono strappata tutto di dosso perché era semplicemente troppo stancante.
Se vogliono essere loro a giocare, che facciano pure - io comunque ho mollato da un pezzo.

Che mi guardino pure e pensino quello che vogliono, sono troppo complessa per essere classificata in una qualsiasi maniera.

Sono solo una ragazza che normalmente ascolta i suoi gruppi preferiti e che non sa nemmeno se siano punk-rock o pop-punk - e sinceramente non gliene importa niente.
Sono solo una ragazza che sta scoprendo anche il genere indie e che ama un paio di canzoni country.
Sono solo una ragazza che segretamente ascolta anche elettronica e che, con parecchio alcol in corpo, riesce a lasciarsi andare abbastanza da ballare il sabato sera.

Sono solo questo, ma sono anche molto di più.
Molto di più di quello che tu e i tuoi amici saprete mai. 


Sono anche quella nerd che si esalta per il preair di The Flash.

E ti posso giurare che il fatto di scriverti proprio oggi non è stato per niente premeditato.
Ho iniziato a scrivere presa dall'ispirazione e quando ho visto la data mi sono messa a ridere.
Quanto cazzo è ironica la mia stessa vita?

On air: Deorro feat. Tess Marie - Cayendo (Original Mix)

venerdì 14 febbraio 2014

If you had a friend you knew you'd never see again...
what would you say?

If you could do one last thing for someone you love...
what would it be?

Say it. Do it. Don't wait.
Nothing lasts forever.


Se potessi tornare a quella sera, probabilmente ti direi "buona fortuna". 
Probabilmente ti abbraccerei stretta per l'ultima volta e ti direi comunque grazie. 

Sono relazioni  - o rapporti che dir si voglia - così profonde quelle che poi plasmano la persona che siamo e che diventeremo, il modo in cui guardiamo e in cui guarderemo in futuro la vita. 
Indipendentemente da come finiscono. 



It's funny how our past frames us.
How the person we used to be
never lets loose of the person we are.
Past failures and disappointments...
even victories take hold of us.
They haunt us like ghosts or visit us like old friends.


La settimana scorsa è stata una di quelle in cui mi sentivo particolarmente a terra e quindi perché non rigirare un po' il coltello nella piaga? 
Così ho avuto la disgraziata idea di riguardarmi i series finale di due dei miei telefilm preferiti - Merlin e One Tree Hill - e credo che neanche tra dieci anni sarò capace di guardare quei due episodi senza piangere una valle di lacrime. 
Dio, quanto mi sono rammollita. 

A volte però è l'unico modo che ho - non dico per guarire, ma per tamponare con un cerotto.
To kiss it better, per dirla in inglese.

Dico sempre quanto il mio controllo sia ferreo per la maggior parte del tempo e proprio perché ho un controllo così ferreo su me stessa, molto spesso non riesco a lasciarmi andare nemmeno quando sono sola perché detesto sentirmi vulnerabile - debole

E allora quando mi prendono le crisi - quelle che mi fanno lo sgambetto e mi colgono di sorpresa - e mi sento a terra, stare peggio poi è l'unica cosa che mi aiuta. 
Cerco qualcosa che mi spinga quel centimetro di troppo oltre il ciglio del baratro e spreco qualche lacrima, quelle che normalmente non permetto a me stessa di versare. 
Piango e il giorno dopo è come se non fosse mai accaduto, continuo la mia vita ignorando completamente quanto stessi male il giorno prima. 

Immagino che quando passi due anni a piangere un giorno sì e uno no - e quello in cui non piangi, lo passi invece prendendo a pugni il muro o tagliandoti la pelle di un polso con una lametta - arriva poi il giorno in cui finalmente capisci che, o continui così per il resto di tutta la tua vita, oppure inizi a farti forza e ad alzarti ogni giorno facendo finta che il giorno precedente non sia mai esistito. 


Stanotte ti ho sognato. 
Normalmente sogn(av)o me e te in una relazione romantica, come l'ho sempre immaginata ad occhi aperti. 
Molto più spesso sogno che tu sai cosa prov(av)o per te e non mi ricambi, però continui a ronzarmi attorno ovunque io vada e mi fissi sempre con quel tuo ghigno irritante stampato in volto e a volte mi sbatti in faccia che ti sei rimesso con la tua ex. 

Stanotte invece ho sognato ancora di aver preso il treno sbagliato - o di essere scesa alla fermata sbagliata, non ricordo. 
E di solito sono inseguita da due tizi che vogliono catturarmi e farmi del male - raramente sono alcuni dei miei aguzzini passati e quasi sempre sono due uomini vestiti di nero che non riesco mai a vedere in faccia.

Stanotte ho sognato che invece eri tu a rincorrermi per questa campagna infinita, mentre io cercavo di schivare continuamente le pozzanghere a terra per non restare bloccata nel fango.
Ed eri una presenza incombente alle mie spalle, quasi come la spada di Damocle tra capo e collo - eri una minaccia per la mia sopravvivenza.

Ricordo un altro sogno in cui io scappavo da te e tu mi braccavi sempre, fino a quando non mi trovavi rannicchiata in un angolo e tu eri in piedi davanti a me bloccandomi ogni via di fuga e mi dicevi che mi avresti sempre trovata. 

Ed era quasi rassicurante quel sogno, ti dirò, perché comunque non avevi tentato di mettermi le mani addosso e in sogno sei l'unico "estraneo" alla mia cerchia a cui permetto di toccarmi. 

Stanotte invece ad un certo punto riuscivi a raggiungermi - cosa che nessuno è mai riuscito a fare, tranne forse una volta - e mi mettevi la mani addosso, mi strattonavi e mi spingevi e avevi sempre il tuo solito ghigno stampato in faccia, ma questa volta aveva qualcosa di diverso dal solito. 
Aveva qualcosa di malvagio, esattamente come la aveva la luce nei tuoi occhi.

Mi sono svegliata di soprassalto, occhi sgranati e bocca aperta in un urlo silenzioso.


E ieri stavo ascoltando i Mayday Parade e mi sono resa conto che sto assomigliando sempre di più alle ragazze superficiali descritte nei loro testi.

On air: Icona Pop - All Night

domenica 19 gennaio 2014

Ho ancora il tuo numero salvato nella memoria del mio cellulare e saranno passati perlomeno cinque anni dall'ultima volta in cui c'è stato uno scambio di sms tra noi due.
Probabilmente avrai cambiato numero almeno due volte da allora e non trovo in me il coraggio di provare a contattarti per scoprire se risponderesti veramente tu o se una fredda voce registrata mi direbbe che il numero è disattivato.
Tra l'altro non saprei proprio cosa dirti.

Ho ancora il tuo numero salvato nella memoria del mio cellulare e non riesco a cancellarlo.
Lo lascio lì ad occupare spazio e ogni tanto, quando me ne ricordo, lo osservo.
Osservo l'ultima cosa tangibile che mi è rimasta di te per un po' e poi mi metto a fare altro.

È triste che tutto ciò che mi sia rimasto di te - a parte qualche foto, una molletta per capelli e i ricordi - sia solo una serie di numeri.
Cifre messe insieme a caso da qualcuno che ha creato quella scheda SIM.



Giovedì sera me ne stavo sdraiata a letto con un mal di gola in via di guarigione, tosse e un principio di sinusite. 
Già, perché io se mi devo ammalare faccio le cose per bene. 
Mi prendo la bronchite ogni anno da quando frequentavo ancora l'asilo, quindi perché smettere? 
Insomma, me ne stavo a letto circondata da fazzoletti e pastiglie per la gola e mi è venuta voglia di vedere un film. 

Ho sempre avuto un rapporto controverso con gli adattamenti cinematografici di storie tratte dai libri. 
E se si tratta di libri a cui tengo particolarmente, allora divento iper-critica. 
Cavoli, la mia tesi di laurea era su Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen e avevo analizzato ogni singolo dettaglio - dalla rappresentazione dei personaggi ai vestiti - degli adattamenti del 1940 e del 2005, toccando anche lo sceneggiato del 1995. 
Ecco, tutto questo come ennesima prova di quanto so essere ossessiva. 

Giovedì mi sono finalmente decisa a guardare Il Lato Positivo, ispirato a The Silver Linings Playbook di Matthew Quick.
E sì, dico "ispirato" perché sapevo che mi aspettava una storia diversa da quella che avevo letto e continuo a dire "ispirato" perché sebbene la trama di fondo sia la medesima, non potremmo comunque essere più lontani anni-luce di così dalle atmosfere del libro. 

Il film è comunque bello, sia chiaro. 
E Bradley Cooper - che a me piace da morire da una vita - è assolutamente strepitoso. 
Lo stesso vale per Jennifer Lawrence e l'Oscar se lo è meritato tutto. 

Le atmosfere del film sono molto più leggere e il rapporto di Pat con suo padre è completamente l'opposto di quello cartaceo. 
Nel libro suo padre non lo vuole nemmeno vedere e gli parla solo se gli Eagles vincono la partita mentre nel film è proprio suo padre a cercarlo e ad insistere che guardino la partita insieme perché Pat è il suo portafortuna. 

Tante altre cose sono diverse, a partire dal tempo in cui Pat è stato rinchiuso nell'istituto di igiene mentale, al rapporto tra i suoi genitori e poi il suo amico Danny e il fatto che nel libro lui sia consapevole del motivo per cui è finito in istituto solo verso la fine perché non voleva ricordare, non voleva accettare.
E invece nel film ti fanno vedere che alla fine lui incontra e parla con l'ex-moglie Nikki, quando lei nel libro si è rifatta una vita il più lontano possibile da lui. 

Io sono fatta così: quando un film è tratto da un libro che amo e quindi conosco molto bene poi divento estremamente pignola. 
E lo so, l'ho scritto anche nella mia tesi: non si possono pretendere adattamenti cinematografici completamente fedeli al testo originale. 

Ma ripeto, il film mi è comunque piaciuto molto - anche se nella mia testa c'era uno split-screen in cui da una parte c'era il film e intanto nell'altra ripercorrevo a memoria il romanzo. 

Una delle cose diverse che ho apprezzato di più è stato il finale, il modo in cui Pat ha capito che non era stata Nikki a scrivergli le lettere, ma bensì Tiffany. 
E poi vabbè, alla fine la rincorre in strada e le dice di amarla e si baciano e tutto è ovviamente molto hollywoodiano e ha comunque placato la mia fame di romanticismo. 

Il libro è molto più crudo e il Pat di Bradley Cooper è persino troppo gioviale; lui e Tiffany sono molto più spezzati di così.
E l'avevo già detto quando avevo parlato del libro, ma il finale è una delle cose più sincere in cui io sia mai incappata. 
Nessun bacio, solo Tiffany in lacrime che dice a Pat di avere bisogno di lui - un fottuto bisogno di lui.
E Pat l'abbraccia e si rende conto che il suo tempo con Nikki è davvero finito e che tra le braccia stringe una donna spezzata ma che è riuscita a farlo voltare pagina. 
E allora le bacia la fronte e le risponde che anche lui ha bisogno di lei.

After a time, Tiffany’s head ends up on my chest, and my arm ends up around her shoulders so that I am pulling her body close to mine. We shiver together alone on the field for what seems like hours. When it begins to snow, the flakes fall huge and fast. Almost immediately the field turns white, and this is when Tiffany whispers the strangest thing. She says, “I need you, Pat Peoples; I need you so fucking bad,” and then she begins to cry hot tears onto my skin as she kisses my neck softly and sniffles.
It is a strange thing for her to say, so far removed from a regular woman’s “I love you,” and yet probably more true. It feels good to hold Tiffany close to me, and I remember what my mother said back when I tried to get rid of my friend by asking her to go to the diner with me. Mom said, “You need friends, Pat. Everybody does.”
I also remember that Tiffany lied to me for many weeks; I remember the awful story Ronnie told me about Tiffany’s dismissal from work and what she admitted to in her most recent letter; I remember just how bizarre my friendship with Tiffany has been—but then I remember that no one else but Tiffany could really even come close to understanding how I feel after losing Nikki forever. I remember that apart time is finally over, and while Nikki is gone for good, I still have a woman in my arms who has suffered greatly and desperately needs to believe once again that she is beautiful. In my arms is a woman who has given me a Skywatcher’s Cloud Chart, a woman who knows all my secrets, a woman who knows just how messed up my mind is, how many pills I’m on, and yet she allows me to hold her anyway. There’s something honest about all of this, and I cannot imagine any other woman lying in the middle of a frozen soccer field with me—in the middle of a snowstorm even— impossibly hoping to see a single cloud break free of a nimbostratus.
Nikki would not have done this for me, not even on her best day.
So I pull Tiffany a little closer, kiss the hard spot between her perfectly plucked eyebrows, and after a deep breath, I say, “I think I need you too.” 

Ed è questo il punto focale della storia: è più difficile ammettere di avere bisogno di qualcuno piuttosto che ammettere di amarlo. 


Ieri sera sono andata al cinema con Laura a vedere Lo Sguardo Di Satana - Carrie e per tutta la durata del film non sono riuscita a fare a meno di pensare ai miei anni di liceo.

Ho già detto più di una volta di essere stata vittima di bullismo - certo, forse non così tanto tra le mura scolastiche quanto piuttosto sull'autobus che mi portava a casa - e quando vedevo come trattavano Carrie non potevo fare a meno di pensare che se la mia scuola fosse stata sul modello statunitense, la mia vita non sarebbe poi stata tanto diversa. 

Noi non avevamo gli armadietti sui cui avrei potuto trovare scritti insulti, ma avevamo laboratori di informatica condivisi tra le varie classi e più di una volta ho trovato un file di testo con il mio nome e all'interno varie cose di natura poco gradevole. 
Ho sempre invidiato il prom di fine anno ma se noi l'avessimo avuto - e sempre ammesso che avessi avuto qualcuno con cui andarci e so già che non sarebbe stato il caso - avrei avuto comunque il terrore di presentarmi quella sera. 
Certe volte per me e per la mia ansia erano persino troppo le riunioni in aula magna.

Guardavo il film ieri sera nel buio del cinema e mi sentivo ancora quella quattordicenne che tremava come una foglia non appena qualcuno posava lo sguardo su di lei.
Non so, quel film ha colpito nervi scoperti che credevo anestetizzati da tempo. 
Ma com'è che dicevano in CSI
Ah, sì. 

Puoi togliere una ragazza dal liceo, ma non puoi togliere il liceo da dentro di lei. 

Damn true

On air: Mikky Ekko - Kids