sabato 25 aprile 2015

Sono sempre viva, eh.
E forse avevo già iniziato un altro post così una volta, ma la verità è che non sto a tenere il conto di certe cose - il che è comunque strano se pensiamo a tutti i miei tratti ossessivo-compulsivi.

La verità è che non ho nemmeno tutta questa gran voglia di scrivere.

Il punto è che sono andata a Londra quattro giorni la settimana scorsa ed è stata una vera avventura.
E sono tornata a casa con tre vesciche ai piedi, un dito sanguinante e la congiuntivite - che, davvero, ma quanto tempo!
Ah sì, e con il portafogli molto più leggero.

Però è stato bello, mi sono divertita e avrò sempre una risata isterica nel ripensare a certe cose.

E sono stata sfasata ed esausta per molti giorni, ma Laura mi ha detto che Alessia ha espresso il desiderio di fare un viaggio noi tre il prossimo anno in occasione della sua laurea magistrale e una parte di me è già qui che freme e pensa alla valigia da fare.


Mi sono sempre ritenuta più "americana" di spirito piuttosto che inglese - dati anche tutti i telefilm che guardo e i libri che leggo.

Eppure quando sono andata a Londra - ma anche prima a dire il vero, ancora quando cercavamo l'albergo dove alloggiare - mi sono resa conto di "essere" più inglese di quanto pensassi, di sapere di Londra più di quanto credessi.

E non sto parlando dei stra-famosi Big Ben e Buckingham Palace, ma anche di tante altre piccole cose.

Camminando sul ponte sul Tamigi in mezzo alle persone mi sono sentita un po' come Bridget Jones.
Dal Tower Bridge ho riconosciuto l'edificio moderno che si vede nella sequenza ambientata sulla Terra di Star Trek - Into Darkness.
Guardavo il London Eye e scendevo alla fermata in Baker Street e mi venivano in mente Benedict Cumberbacth e Martin Freeman in Sherlock mentre la sigla mi suonava nella testa.
Sono stata a Westminster e al museo delle cere c'era la riproduzione della porta del numero 10 di Downing Street con tanto di targa della via e ho pensato a House of Cards e al suo Francis Urquhart.
Ho visto la catena di coffee shops "Costa" e mi è subito venuta in mente Georgia Nicolson del libro La Mia Vita È Un Disastro - perché non importa quanti anni compi, non si è mai troppo grandi per rileggersi Georgia Nicolson e farsi quattro risate.
Gli autobus per Islington e Covent Garden e la stazione della metro di Piccadilly Circus mi hanno fatto venire in mente James Bowen e il suo libro autobiografico e con una parte della mia mente stavo sempre attenta per intravedere un tizio con la chitarra in compagnia di un gatto rosso di nome Bob.
Quando ancora cercavamo l'albergo, avevamo preso in considerazione la zona di Holloway e a me era venuto in mente Nick Hornby e il suo Rob Fleming protagonista di High Fidelity.
Abbiamo mangiato da Pret un giorno a pranzo e io pensavo all'ultimo romanzo che ho letto, ambientato proprio nella City di Londra e con la protagonista che faceva pausa da Pret. 
Quando siamo state a Notting Hill ho pensato al film omonimo con Hugh Grant, Julia Roberts e Rhys Ifans.
E nomi quali Tottenham e Camden e Hampstead non facevano altro che farmi venire in mente altri romanzi che avevo letto da ragazzina ambientati in questi posti - tutte storie e piccoli particolari che avevo scordato.

Alla fine ho scoperto di essere più inglese di spirito di quello che credessi.

 
Sto pensando anche al mio prossimo tatuaggio perché ormai tra due mesi sarà ora di andare a prendere l'appuntamento.

E nei giorni scorsi ho pensato a come Enea mi avesse detto che il polso è uno dei posti più dolorosi, esattamente come lo è il costato.
E i miei primi due tatuaggi sono/saranno nei posti che fanno più male.

Ma all'epoca avevo pensato che quello sul polso non poteva far più male dell'aver perso Cico e ancora prima Lancillotto - più male del momento in cui ho detto addio a Lancillotto tra le lacrime qualche minuto prima che il veterinario lo addormentasse e del dolore sordo al cuore di quando ho visto Cico in giardino senza vita.
Non poteva fare più male di quello, non poteva.

E quindi, anche se Enea dice che sulle costole fa ancora più male, io penso che non può essere più doloroso di tutto il peso delle molteplici umiliazioni e prese in giro.
Non può fare più male dei pugni, delle spinte, delle ginocchiate, delle tirate di capelli, delle offese più taglienti delle lame.
Semplicemente non può.

E fa male ogni volta che mi guardo il tatuaggio sul polso perché è un monito di tutto quello che ho perso, ma è anche un monito di tutto quello che ho avuto.
Di tutto l'amore che ho dato a due creature e soprattutto dell'amore ancora più grande che ho ricevuto in cambio.

Anche se il sogno che ho fatto la prima notte a Londra mi ha quasi fatta scoppiare in lacrime davanti a tutti quando mi è tornato in mente nel pomeriggio a Covent Garden. 


La primavera è una di quelle stagioni che mi mandano quasi sempre in crisi - mi provocano quasi una sorta di crisi di identità.

È sempre un tira e molla tra cose represse e razionalità che cerca di prevalere e metterle a tacere.

La verità è che detesto quando la mia routine viene alterata e anche se ora mi sento più forte, giovedì pomeriggio ho rivisto per caso uno dei bulletti della mia adolescenza e ancora mi sono sentita morire.
Non parliamo poi del fatto che mi sembra di vederti ovunque.


Amo tutti i miei gruppi preferiti per una ragione - ragione che non sempre è la stessa.

Per esempio mi sono accorta che quando si tratta di Yellowcard, Boys Like Girls e Simple Plan - a parte rare eccezioni che appunto sono così rare che manco le ricordo - di solito io sono sempre dalla "parte" di chi canta.
Diciamo che è come se fossi io a "dedicare" quelle canzoni agli altri.

Invece l'altro giorno stavo ascoltando Call Me Hopeless, But Not Romantic dei Mayday Parade - che è una delle loro canzoni che preferisco - e mi sono accorta che nel loro caso io "interpreto" entrambi i ruoli: sono chi canta, ma sono anche la ragazza un po' troppo spesso superficiale e in crisi e fuggitiva dei loro testi.


I can't believe that so much time was spent on my own
Just trying to figure it out all alone
Don't show emotion, let this go

I can't pretend that everything is still okay
Until you rightfully say what you said
The night you left me here for dead, for dead

Why do you cry when you're falling asleep
And girl, how can you love without ever losing it all
Don't put your faith in this when you won't believe it
Where did you go
How will you find yourself when your hand to hold is letting go
Where did you go
How will you tell yourself you're losing hope
Losing hope

On air: Yellowcard - California

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