giovedì 9 ottobre 2014

Ho quasi finito quel romanzo d'amore che ho vinto in cambio di una recensione onesta e sebbene in alcuni punti mi faccia venire il latte alle ginocchia - passione travolgente, baci mozzafiato e tutta la manfrina che ne consegue - devo ammettere che in alcuni momenti va a toccare corde che non ricordavo di avere.
O meglio, che di solito ignoro di avere - già, perché sono sempre stata una di quelle ragazzine che sognavano il principe azzurro sul cavallo bianco che sarebbe venuto a salvarle.
E se da una parte ho sviluppato una "cotta" per il protagonista maschile, dall'altra mi rendo perfettamente conto che è troppo "irreale" per essere vero: un uomo non è così perfetto e in questo si vede che il romanzo è scritto da una donna per le donne.
Gli uomini reali non sono così: io non ne ho mai conosciuti in questo modo e forse, proprio per questo, parlo come la volpe che non è arrivata all'uva perché io quella "passione travolgente" non l'ho mai provata.
Forse sono io ad essere troppo fredda, può anche essere.

Dei ragazzi che ho baciato dico sempre quanto il primo mi abbia alquanto "traumatizzata" e solo uno di loro non mi ha fatto pentire di averlo baciato la mattina dopo.
Ma da lì alla "passione travolgente" ce ne passa, considerando poi quanto io sia sempre pronta alla fuga - sia fisica che psicologica.

Ed è anche un po' per questo che ho iniziato a disprezzare i romanzi d'amore, non solo perché io sono diventata una stronza cinica: sono irreali, illudono le donne che esista davvero l'uomo perfetto che le capirà con un solo sguardo e dopo le mille difficoltà apparentemente insormontabili, tutti e due cammineranno mano nella mano verso il tramonto e vivranno per sempre felici e contenti. 

The end.

Colpo di fulmine e avere l'impressione di conoscere una persona solo guardandola negli occhi?
Come dico sempre: been there, done that, no need to repeat it.
Ed è qui che amo ripetere quel paragrafo tratto da God Hates Us All del caro e fittizio Hank Moody:

"So," she asks. "How do you like me now?"
"Same as it ever was," I say. "You look like the woman I love."
She smiles weakly. "You know why love stories have happy endings?" I shake my head. "Because they end too early," she continues. "They always end right at the kiss. You never have to see all the bullshit that comes later. You know, life."

Una volta avevo scritto che anche nel più misero dei film a volte si trovano perle di verità innegabile; credo che lo stesso possa essere detto per questo libro che sto finendo di leggere.
Ho letto alcune frasi che mi hanno fatto riflettere, ma sono pensieri abbastanza egoistici che non hanno nessuna natura romantica.
Pensieri che riguardano quelle domande che io ogni sera, quando vado a dormire, ignoro dicendo a me stessa che ci penserò il giorno dopo e immancabilmente rifaccio lo stesso giorno dopo giorno. 

Rinse and repeat.
Direi che si tratta di una storpiatura di quella routine che usavo durante i miei ultimi due anni di liceo per andare avanti, quella di piantarmi un sorriso in faccia e fare finta che i problemi non esistessero perché era una cosa di cui mi sarei occupata il giorno dopo.
Peccato che mi ripetessi questo tutte le mattine, tutti i pomeriggi e tutte le sere e a volte avevo bisogno di un po' di aiuto extra, di quello che veniva da pessime abitudini che non sono ancora riuscita a scrollarmi di dosso.

Sempre detto che sono un'artista della fuga.

E quindi quella frase ha rischiato di svegliare un vespaio di cose che cerco sempre di mettere a tacere con il mio motto "fake it 'til you make it".
Pensieri che comunque non riguardano te, anche se il libro in questione è una storia d'amore.
Sempre detto che fondamentalmente sono un'egoista egocentrica che pensa solo a se stessa e alla propria sopravvivenza emotiva.
So di non essere stabile - di certo non quanto vorrei e le apparenze sono tutto per me, non ho bisogno anche di un romanzo d'amore che minaccia di farmi tornare quella sciocca ragazzina e vanificare tutti i miei sforzi.


Ieri è uscito il nuovo album degli Yellowcard, Lift a Sail.
E mentre c'è chi gli dà addosso per il cambio di stile rispetto agli album precedenti, c'è anche chi - come me - per fortuna li ama lo stesso nonostante il cambio e non so davvero come faccia la gente a dire che il suono del violino è sparito perché io lo sento.
Gli Yellowcard sono il mio gruppo preferito, quello che mi hanno dato nel corso di questi ultimi anni è indescrivibile e niente potrà farmeli amare di meno - nemmeno il cambio di genere.

E l'avevo scritto parecchie settimane fa che non era il cambio di genere musicale a "spaventarmi", quanto più la tematica di base del nuovo album.
I testi di When You're Through Thinking, Say Yes e Southern Air li sentivo "miei" e sono consapevole che è il termine sbagliato, ma in qualche modo erano "egoistici" perché parlavano di cambiamenti individuali e a livello personale.

Ho scritto che non era la gelosia a parlare e sure as hell è ancora così, ma sapevo che il fatto che Ryan si fosse sposato avrebbe cambiato le cose.
La mia paura non era quella di non apprezzare il cambio di genere musicale, bensì quella di non sentire "mio" l'album perché se prima i loro dischi erano cambiati con me - o forse sarebbe meglio dire che per qualche assurda coincidenza astrale i temi delle canzoni andavano di pari passo con la mia vita - ora sapevo che quella "sincronia" non ci sarebbe stata perché Ryan sta vivendo un sentimento che io posso solo immaginare mentre io sono rimasta la solita stronza egoista di sempre.
La mia paura era quella di sentirmi lasciata "sola e in disparte" e il cielo sa quanto io soffra anche di sindrome dell'abbandono.

Vedere scritte queste cose in merito ad una band quasi mi fa venire voglia di darmi della patetica da sola.

Comunque.

Ho sentito l'album più e più volte, concentrandomi sulle canzoni nuove perché One Bedroom, Make Me So, Transmission Home e Crash The Gates erano già uscite in precedenza e già le conoscevo a memoria.
Il cambio di genere non è minimamente un problema e l'album mi piace, non posso negarlo.
E forse è perché non l'ho ancora sentito abbastanza o forse è proprio perché io sono rimasta "ferma" dov'ero, ma al momento non è scattata quella scintilla che fa andare tutto al proprio posto - come era successo poi ascoltando When You're Through Thinking, Say Yes e Southern Air, anche se devo ammettere che pure con Southern Air ci ho messo un po' a "sciogliermi" perché ero ancora fermamente aggrappata all'album precedente.

E allora, anche se non mi ritrovo in tutti i testi, ne apprezzo comunque la bellezza e ci sono lo stesso strofe che si adattano a me alla perfezione.
E di quelle di cui non sapevo ancora nulla, mi sono poi innamorata di Illuminate e di The Deepest Well e di MSK - anche se io con quest'ultima canzone io non ci azzecco proprio nulla.

Ma ho capito che non importa che io condivida in ogni singolo aspetto una canzone, quanto piuttosto che io ne afferri il significato e MSK è una canzone bellissima.
Una di quelle canzoni bellissime che vorrei che fosse "mia" - un po' come dico sempre di Go dei Boys Like Girls, la loro canzone che preferisco ma che ancora non posso chiamare "mia" perché non sono ancora arrivata a quel livello di stabilità descritto nel testo.
Però ormai mi sono abituata ad osservare le cose bellissime da lontano e quindi non è un gran problema.

Continuo ad ascoltarlo e so che anche se non c'è quella perfetta sincronia di sempre, gli Yellowcard comunque non mi deludono mai.

E come era successo con Southern Air, la canzone che dà il titolo all'album anche in questo caso mi ha regalato una perla non da poco. 


I was so wrong and unaware
I locked myself away, I thought that I'd be safe
Then I realized I'd gone nowhere
Life is just too sweet to lay in this defeat 

E a parte forse l'ultima riga, mi rispecchia in pieno.

L'ultimo album degli Yellowcard è una storia d'amore, una dichiarazione di Ryan per Alyona ma, stranamente, questa volta l'amore con lieto fine non mi dà fastidio.

On air: Yellowcard - MSK

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