mercoledì 22 gennaio 2014

Ogni tanto credo di aver superato lo stereotipo di te.
Ogni tanto credo di aver imparato a non commettere ancora gli stessi errori.

Indovina?
Ovviamente non è così.

Mi dico che non noto più i capelli tagliati in un certo modo.
Mi dico che non noto più gli occhi di un certo colore e l'intensità con cui mi sanno inchiodare sul posto.
Mi dico che non noto più tratti del viso che ancora mi fanno pensare a te.

Menzogne.

Ho la brutta tendenza a sopravvalutarmi, l'ho sempre detto.
Ho questa brutta abitudine di mettermi da sola su un piedistallo e non imparo mai che più in alto sali, più la caduta farà male.
O meglio, non la caduta in sé quanto più l'atterraggio.
La caduta è costituita solo da momenti di puro terrore quando ti rendi conto che sta per finire.

Mento a me stessa e mento alle mie amiche.
Mento a chiunque io incontri.

Dico che non so dove sei e cosa tu stia facendo, ma non è esattamente vero.
Niente con te è mai esattamente vero.

Essendo quella più sana in famiglia al momento - e sana è un eufemismo grande come l'universo, ma sorvoliamo - oggi è toccato a me andare in paese a fare alcune commissioni.
E' sempre strano girare per quelle strade, strade che hanno visto anni interi della mia vita significare qualcosa che credevo importante ma che alla fine si è rivelato solamente effimero come un soffione in un giorno di forte vento.
E oggi cammino per quelle strade, mi guardo intorno e niente - it's just business, nothing personal.

Insomma, oggi ero in giro e mi sono imbattuta nella mia ultima cotta di cui ho memoria - e oddio, "cotta" è persino un termine troppo forte da usare in questo caso.
Diciamo più "infatuazione giornaliera che capita una volta all'anno".
Lo so, suona veramente assurdo ma sono apatica per la maggior parte del tempo e le persone mi terrorizzano.

Il punto è che questo ragazzo mi aveva colpita a prima vista - e no, niente colpo di fulmine.
Been there, done that e una volta basta e avanza per le prossime mille vite.
In ogni caso avevo trovato che questo ragazzo assomigliasse in maniera impressionante a Marco Mengoni tanto più che anche mia madre, quando gliel'ho fatto notare, mi ha dato ragione.

L'ho rivisto oggi dopo quasi un anno ed è stato un pugno nello stomaco quando, vedendolo il primo momento di profilo, ho pensato che assomigliasse a te.
E lo osservavo praticamente senza pudore - e per fortuna lui era completamente ignaro della mia presenza - e più lo osservavo, più trovavo aspetti in comune con te.
Il taglio degli occhi, il loro colore, il naso, i tratti in generale del tuo viso.
Questa cosa mi ha letteralmente tolto il fiato dai polmoni.

Ma vuoi sapere una cosa, la cosa più divertente?
Alla fine semplicemente lui non era te.
I suoi occhi posati di su me quando si è accorto della mia presenza non mi hanno fatto battere più forte il cuore, non mi hanno fatto tremare le gambe, non mi hanno fatto venire i sudori freddi.
Credo che ormai sia giunta l'ora di scendere a patti con il fatto che nessuno sarà mai come te.
E non so se sia positivo o meno. 

Alla fine cado sempre negli stessi stereotipi, nello stereotipo di te.
Cerco - quando lo faccio, inconsapevolmente o meno - sempre e comunque qualcuno che abbia qualcosa in comune con te, che mi ricordi te in almeno un tratto del loro aspetto.
Se non è masochismo questo, non so proprio come altro chiamarlo.


Una delle ultime canzoni che ho ascoltato sull'iPod è Hey You dei Boys Like Girls e stamattina mi sono svegliata con il suo ritornello in testa.
Ed ha continuato a suonarmi nella mente per tutta la mattina.

Alla fine delle commissioni, prima di tornare a casa, ho deciso di fare un salto al cimitero - cosa completamente al di fuori dell'ordinario per me perché di solito sbuffo un sacco quando sono costretta ad andarci con mia madre e mia nonna.

Non è per mancanza di rispetto, no; è solo che non ho bisogno della prova "fisica" e "materiale" della tua lapide per ricordarmi che non ci sei più.
Mi sembra di renderti più omaggio così, scrivendoti qui sul mio blog e lasciando che le mie parole viaggino nella rete piuttosto che rimanere in piedi per un tempo indefinito ad osservare una data che è incisa a fuoco nella mia mente da dieci anni e una foto di te che non può ricambiare il mio sguardo.
Non ho bisogno di quello per ricordarmi di te e per parlarti e in fondo si sa, sono sempre stata più brava a scrivere che a parlare a voce.
E riesco a lasciarmi andare al dolore solo in questo modo; in situazioni "esterne" il mio controllo è troppo ferreo e non permetterei mai a nessuno di vedermi andare in pezzi.
Solo in questi momenti - nella privacy della mia stanza - riesco ad essere completamente sincera e a concentrarmi esclusivamente su di te.

Comunque il punto è che stamattina mi sono svegliata con Hey You nella testa e mi è venuto in mente un post di diversi anni fa, un post che avevo scritto nell'anniversario della tua scomparsa e che iniziava proprio così.
Hey You.
Solo che all'epoca era la citazione di un film che avevo visto da poco e non la canzone di uno dei miei gruppi preferiti.
Ma erano le stesse due parole ed ero da sola e l'impulso di venirti a trovare al cimitero è stato troppo forte.
E la canzone non ha nulla a che vedere con la morte o con il rimpianto o con qualsiasi altra cosa legata ad essi, ma osservavo la tua foto e intanto la canticchiavo nella mia mente e, non so, un pezzo di essa sembrava perfetto per l'occasione e per ricordarti.

We say what we say,
We do what we do,
We love who we love,
Hey, you.
If life is a small town, we’re just passing through
Blink and you miss it, hey you.

E dopo sono andata a casa.

On air: Boys Like Girls - Hey You

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