venerdì 15 novembre 2013

Il dolore arriva quando meno te lo aspetti.
Il dolore è sempre diverso - intensità, manifestazione, durata.
Il dolore colpisce le persone in maniera diversa.
Il dolore è diverso anche nel modo in cui le colpisce.

Sarò sincera: anche la musica di Avril Lavigne è uno dei miei guilty pleasures musicali.
L'ho ascoltata sin dal suo primo singolo, anche se poi nel corso degli anni le mie priorità musicali sono diventate altre.
Siamo sempre ai soliti discorsi; si cambia e anche la musica che ci piace ascoltare cambia con noi.
Ma c'è un album di Avril Lavigne che per me significherà sempre tutto e non è il primo, quello con cui ho iniziato ad ascoltarla.
Si tratta del secondo, Under My Skin.
Credo che sia il suo album che ancora oggi mi rappresenta di più - se non totalmente, sicuramente in buona parte.

Era l'estate del 2004, avevo quindici anni, facevo la baby-sitter al mio cuginetto di un anno e mezzo e l'unico disco presente nel mio lettore cd era Under My Skin.
Avevo cominciato a tenere seriamente un diario, avevo cominciato a buttare fuori tutta la merda che avevo dentro e i testi di quell'album erano gli unici che descrivessero effettivamente come mi sentissi.
Avevo appena cominciato a rendermi conto di quanto fossi cambiata, di come il bullismo del mio primo anno di liceo mi avesse trasformata - sebbene mi sarei resa conto che si trattava di bullismo solo molti anni dopo.
Avevo appena cominciato a rendermi conto di cosa avessi seriamente tentato di fare in terza media, di quanto stessi male e di quanto la musica mi avesse salvata.

Avevo quindici anni, scrivevo quasi tutti i giorni e ogni giorno mi sentivo un po' meglio perché era come tirare fuori veleno da una ferita.
Avevo quindici anni, avevo una migliore amica che mi accettava per quella che ero - problemi di fiducia e sindrome di abbandono e tutto il resto.
Avevo quindici anni, avevo cominciato ad uscire di sera e buttavo giù vodka alla menta come se niente fosse.
Avevo quindici anni e credevo che decidere di non provare più niente fosse la soluzione a tutti i miei problemi.
Avevo quindici anni e mi credevo la padrona del mondo.

Under My Skin ha significato tutto per me quell'estate.
Tutte le sue canzoni significavano qualcosa di particolare, ma Nobody's Home era la mia canzone personale e Forgotten era per quelle che credevo essere mie amiche e che invece, quel 13 novembre di due anni prima, mi avevano osservata andare in pezzi senza battere ciglio.
Mi avevano osservata raggiungere il limite e scoppiare in lacrime e mi avevano lasciata sparire per mezz'ora senza essersene nemmeno accorte.
Considero ancora il 13 novembre 2002 come il giorno in cui sono morta, come il giorno in cui si è celebrato il funerale della persona innocente che ero.
Quel giorno sono morta e al funerale non era venuto nessuno.

E novembre è veramente un mese orrendo per me e non è esilarante che ci siano tre date, praticamente una di seguito all'altra, in cui la morte fa da padrona?
Ho appena spiegato del 13 novembre e poi c'è il 15 novembre, data in cui è morto mio nonno.
Già, oggi sono proprio dieci anni.
E infine c'è il 17 novembre, data in cui si è celebrato il suo funerale.

Ci sono due canzoni di Under My Skin che non ascoltavo mai.
Una è How Does It Feel perché è quella che mi piaceva meno e l'altra è Slipped Away, proprio perché la stessa Avril l'aveva dedicata a suo nonno che era morto e io proprio non ce la facevo a sentirla quando non era passato nemmeno un anno dalla sua scomparsa.
Non ce la faccio nemmeno oggi che di anni ne sono passati dieci.

Laura, qualche settimana fa, mi aveva raccontato di una ragazza del suo paese a cui recentemente è morto il padre, ma che nella camera mortuaria non faceva altro che stare al cellulare su Facebook e che rispondeva inviperita a sua zia quando quest'ultima le diceva di mettere via il telefono.
E io non riuscivo a credere alle mie orecchie perché ricordo bene quella parte - sebbene i due giorni precedenti siano avvolti nella nebbia e io non ricordi una singola cosa che sia successa - e ricordo che ero appena entrata e come avevo posato gli occhi su mio nonno, ero scoppiata in lacrime e probabilmente sarei caduta a terra in ginocchio se mio padre non mi avesse afferrata al volo per il braccio.

Dieci anni e non riesco ancora a crederci.
Dieci anni e ho ancora lacrime da versare.
Dieci anni e una parte di me vorrebbe bere così tanto da perdere conoscenza e non pensare a oggi o alla giornata che era oggi dieci anni fa.
O forse questo lo desidererò ancora di più dopodomani.
Devo forse essere grata che quest'anno il 17 novembre cade di domenica, giorno di cui passo normalmente la metà dormendo?

Odio novembre. 


Avrei voluto che oggi fosse una giornata di sole e invece piove ininterrottamente da ieri. 
Vorrei avere altre parole oltre alle solite da dedicarti, ma improvvisamente non ho più niente da dire. 
Forse perché ho sempre parlato anche troppo negli anni precedenti e dieci anni sono anche più pesanti di quello che credessi.
Così oggi mi limito a ricordati in silenzio e privatamente, senza esprimere pubblicamente ancora una volta tutti i miei sensi di colpa e rendere anche quest'anno il giorno della tua scomparsa uno show incentrato unicamente su di me.

Mi manchi sempre, comunque.

On air: Snow Ghosts - And The World Was Gone

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