giovedì 5 settembre 2013

C'è una canzone che ascolto solo una volta all'anno e si tratta della cover di The Boys Of Summer fatta dai The Ataris.
Una volta l'ascoltavo più spesso, esattamente come facevo con il resto delle loro canzoni e di molti altri gruppi, ma da quando i miei gusti musicali sono leggermente cambiati, molta della musica che ascoltavo incessantemente è finita nel dimenticatoio.

La settimana scorsa stavo camminando per uno dei Lidi con una mia amica di Milano qua in vacanza, quando improvvisamente l'ho sentita suonare da uno degli stabilimenti balneari e ho pensato che fosse ancora troppo presto.
C'è un motivo se l'ascolto ancora e soprattutto se lo faccio una sola volta all'anno.
Aspetto la fine dell'estate, quando tutta la gente che viene qui in vacanza nel posto di mare dove vivo torna alla sua solita vita.
E solo a settembre mi permetto di ascoltarla.

La cover dei The Ataris è una delle poche canzoni della mia vecchia vita (musicale) che ancora vede la luce del sole ogni tanto.

Odio i miei sogni ricorrenti e odio sentirmi in conflitto tra la voglia pressante di dormire e quella altrettanto pressante di non addormentarmi a qualunque costo.

Qualche notte fa ho sognato ancora di prendere il treno sbagliato e sul treno c'era una minaccia per me non ben identificata così, in preda al panico, scendevo alla prima fermata e mi ritrovavo in questa campagna sconfinata alla luce del tramonto.
Senza sapere dove fossi, senza sapere dove andare.
Senza sapere se ci fosse un treno che mi avrebbe riportata a casa.
E iniziavo a camminare per i campi e poi a correre perché sapevo di non essere al sicuro.

La notte dopo invece ho sognato di essere ancora al liceo, ma faceva caldo ed era l'ultimo giorno di scuola.
Come ogni anno c'era la solita festa in aula magna e tutti camminavano per i corridoi senza alcuna distinzione tra liceo e istituto tecnico.
Le finestre e le porte erano aperte in modo che ognuno andasse e venisse a proprio piacimento.
E io me ne stavo in disparte, senza partecipare ai festeggiamenti perché forse avevo qualche compito da recuperare, vai te a sapere.
E quando suonava la campanella per segnare la fine della giornata - dell'anno - io praticamente nuotavo controcorrente perché non potevo ancora uscire da scuola e avevo tutta la mia roba - lo zaino e il resto - in classe.
Quando poi uscivo dall'edificio si era messo a diluviare e non c'era praticamente più nessuno nel cortile, nemmeno Serena che doveva tornare a casa con me.
E di tutti i pullman che passavano nessuno era quello giusto e sembravano fare apposta a centrare qualsiasi pozzanghera, bagnandomi dalla testa ai piedi.
Poi finalmente arrivava il mio pullman, ma come salivo mi rendevo conto che era pieno della gente che mi ha sempre presa per il culo o detestata.
O entrambe le cose contemporaneamente.
Non mi restava che sedermi di fianco ad una mia ex-compagna di classe delle medie, rigida come un palo e paralizzata dal terrore, ma lei mi offriva una cuffietta dell'iPod come se niente fosse.

Le persone che sogno, bene o male, sono sempre le stesse.
O la mia ex-migliore amica oppure NAC oppure la gente che era in classe con me alle medie.
Quando faccio i sogni sulla scuola, sogno anche tutti quelli che mi hanno sempre presa per il culo, ma di solito sono indistinti.
Cioè, non li vedo realmente, ma so che ci sono.

Più raramente sogno mio nonno.

Ogni tanto invece sogno anche quello che era, se fossimo in un teen movie americano, il ragazzo più popolare della scuola.
Sfido chiunque abbia frequentato le superiori negli anni in cui c'ero anche io a non aver avuto una cotta, anche se solo momentanea, per lui.
La prima volta che ricordo di averlo sognato è stato qualche anno fa, durante il sogno più memorabile con mio nonno.
Era iniziato come uno dei miei soliti sogni ricorrenti, uno di quelli in cui la mattina rischio di perdere il pullman per andare a scuola perché sono sempre in ritardo e poi, quando ci salgo, è pieno di gente altamente scomoda.
Ricordo che pioveva in quel sogno e ancora pioveva quando scendevo dal pullman e mettevo piede a terra, trovandomi di fronte mio nonno.
Ricordo mio nonno che mi diceva che doveva andare e di prendermi cura della mamma e della nonna e in quel momento io capivo che si trattava di un addio, allora facevo un passo in avanti verso di lui per fermarlo ma qualcuno mi strattonava da dietro e improvvisamente ero tra le braccia di un ragazzo.
Io mi dimenavo ma non riuscivo a divincolarmi, e quando finalmente ci riuscivo e mi voltavo, mio nonno era sparito e aveva smesso di piovere.
E ancora ******* mi teneva stretta.

E l'ho sognato anche qualche notte fa, non so se sempre nel sogno ambientato a scuola.
Non ricordo come andasse - se io stessi scappando o cosa - ma me lo trovavo davanti in corridoio, completamente vestito di bianco, e mi diceva di fermarmi.
E io, che ero in soggezione di lui, facevo come mi diceva.

È strano, ma quasi tutte le volte che lo sogno è vestito di bianco.

Vorrei davvero sapere cosa c'è che non va nel mio subconscio.


Non so se sono io che sono diventata più brava a fingere e ad ingannare anche me stessa o se davvero non me ne frega più niente. 
Ieri sera sono uscita con le mie amiche e boh, non so, persone orrende che non vedevo da anni ora stanno spuntando come funghi. 
Ma io adesso passo davanti a loro a testa alta e anche se mi fissano, io comunque me ne frego. 
E Serena, quando mi ha riportata a casa, ha detto di avermi vista bene.
In realtà dentro di me stavo ridendo in maniera isterica, ma ho mantenuto una facciata di pura tranquillità. 
Però non so ancora dire se effettivamente me ne frego sul serio o se sono diventata davvero brava ad ingannare (più del solito) le persone. 
Me compresa. 

Boh, mi sento così apatica che non ho nessuna voglia di uscire di casa. 
O forse è dovuto al fatto che sono uscita quasi tutte le sere per tre settimane visto che c'era la mia amica di Milano qua in vacanza e questo ha messo a dura prova i miei nervi. 
Si sa che fondamentalmente sono asociale e misantropa. 
E anche acida e sarcastica, ma su questo al momento possiamo anche sorvolare. 
Diciamo che essendo abituata ad uscire solo due sere a settimana, poi uscire quasi ininterrottamente per venti giorni e passa di seguito significa giocare con la mia pazienza e la mia voglia di avere persone attorno che, comunque, non è mai troppo esagerata.

Ho sempre detto di amare le rom-coms.
O di avere amato, a questo punto. 
Non so, ultimamente nei libri e nei film cerco sempre la fine amara, quella dove ognuno dei protagonisti poi va per la propria strada. 
Certo, ho ancora una parte (scomodissima) della mia mente/anima/cuore che ancora brama sempre e comunque il lieto fine, ma poi so che non è reale, che ciò che si avvicina di più alla vita vera è l'andare ognuno in due direzioni diverse
Forse ho cambiato idea dopo aver letto God Hates Us All, scritto dal personaggio fittizio di Hank Moody, protagonista del telefilm Californication

"So," she asks. "How do you like me now?"
"Same as it ever was," I say. "You look like the woman I love."
She smiles weakly. "You know why love stories have happy endings?" I shake my head. "Because they end too early," she continues. "They always end right at the kiss. You never have to see all the bullshit that comes later. You know, life." 
(Hank Moody - God Hates Us All)

Persino dopo tutti gli anni sprecati a sospirare dietro a NAC, ancora credevo nel lieto fine. 
Ancora sospiravo per il lieto fine nei film e nei libri. 
È stato solo dopo aver letto la pagina finale di God Hates Us All che mi sono accorta che qualcosa era cambiato. 
Che io ero cambiata.

E oggi, per ogni film che guardo o libro che leggo, mi ritrovo in conflitto tra il desiderio di avere l'happy ending e il desiderio di vedere i protagonisti separati. 

Qualche mese fa, in un pomeriggio in cui non avevo nulla da fare, mi sono guardata Like Crazy, film indipendente che ha vinto il premio come Miglior Film al Sundance, con protagonisti Anton Yelchin e Felicity Jones.
Per tutta la durata del film sono stata divisa a metà tra lo sperare che tornassero insieme e lo sperare che invece restassero con i loro nuovi partners. 
Perché si amavano, disperatamente, ma essendo lui americano e lei inglese, non potevano stare insieme a causa della distanza. 
E si sono mollati e ripresi diverse volte e quando le cose finalmente sembravano funzionare, poi un nuovo ostacolo si frapponeva tra di loro. 
Quell'ostacolo chiamato vita.

Perché a volte non importa quanto ami una persona; semplicemente certe coppie non sono destinate ad invecchiare insieme.

E nel finale non sai se si rimetteranno insieme per l'ennesima volta e, se lo faranno, se effettivamente funzionerà e sarà l'ultima volta. 
Un finale dolce-amaro che comunque rispecchia la realtà. 

E per quanto riguarda il mio conflitto interiore tra lieto fine o meno? 
Mi piace pensare che magari sì, si rimetteranno insieme ma che sarà un rapporto completamente diverso da quello che avevano prima. 
Un rapporto che non ha più la freschezza del primo amore, forte e devastante. 

Non so, forse la mia acidità sta corrodendo qualsiasi mia visione di vita e rapporti interpersonali. 

On air: Matt Hires - Honey, Let Me Sing You A Song

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