sabato 7 aprile 2018

Avevo pensato diverse volte di scrivere qualcosa il mese scorso - avevo in mente almeno due post, ma poi le circostanze e il tempo mi hanno tenuta lontana dalla tastiera e in un'occasione non avevo carta e penna con me. 

Così è rimasto tutta nella mia testa - alcuni pensieri se ne sono andati, altri sono rimasti ma hanno cambiato forma. 

C'era qualcosa sul fatto che lascio conoscere agli altri solo la mia parte superficiale perché mi terrorizza il pensiero di portare alla luce tutto il resto. 
Non riesco proprio ad immaginarmi mentre parlo a qualcuno dei miei attacchi d'ansia, del mio rapporto non esattamente sano con l'alcol che oscilla tra il non bere nulla per mesi fino all'esagerare tutto in una volta per riuscire finalmente a dormire, del fatto che anche se ora riesco a frenarmi se prima mi distraggo in qualche modo comunque il pensiero di tagliarmi con la lametta è sempre presente nella mia mente quando non riesco a gestire una situazione o quello che provo, del fatto che non mi sono mai pentita così tanto come in questi anni di non essere andata fino in fondo quella volta a tredici anni con la cintura intorno al collo. 

C'era qualcosa sul fatto che il mese scorso ero fuori a cena, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che in realtà ero io ad essere fuori posto - fuori posto in quell'occasione, in quelle conversazioni, tra quelle persone, nella vita. 
C'ero io che guardavo fuori dalla vetrata e mi chiedevo cosa ci facessi lì e perché, c'ero io che volevo tornare nella mia gabbia, c'ero io con uno sconforto dentro di me che mi faceva salire le lacrime agli occhi, c'ero io che pensavo che una volta a casa non sarei riuscita a trattenermi e avrei infranto di nuovo la promessa di non tagliarmi - tanto che poi mi ero procurata pure tutto l'occorrente, ma mi sono costretta a perdermi con qualcosa da fare per dare il tempo alla voglia nel mio stomaco di riassorbirsi. 

E a Pasqua ero in macchina e stavo andando al consueto pranzo dai nonni quando mi è venuta voglia di ascoltare Lights and Sounds degli Yellowcard. 
Sono gli Yellowcard, direte voi, cosa c'è di nuovo? 
Lights and Sounds è l'album che tendo ad ascoltare meno perché legato a quel 2006 infernale, ma ho pensato che era aprile e perché no? In fondo, quell'album lo ascoltai per la prima volta proprio in quell'aprile di dodici anni fa e sotto un certo punto di vista quel mese non faceva ancora parte di quei mesi terribili - certo, se escludiamo che proprio quel giorno avevo visto NAC con mia cugina, ma dettagli. 

Però nella riproduzione della canzone omonima il mio iPod aveva qualche problema, così sono andata indietro di un paio di tracce per vedere se si trattava solo di un glitch momentaneo e nell'ordine alfabetico in cui sono nella playlist prima di Lights and Sounds c'è Lift a Sail del 2014, la cui ultima traccia è la bonus track In Time.

Ho avuto sin da subito un rapporto intenso con In Time, ma l'ho sempre pensata in relazione a coloro che ho perso a causa di una strofa in particolare sul finale.
Eppure domenica scorsa qualcosa è cambiato - l'ho ascoltata e fin da subito l'ho sentita mia come mai prima d'ora. 

Mi è capitato spesso di parlare qui della frattura che sento dentro di me, tra la persona che ero prima e quella che sono adesso - delle crepe che hanno portato alla frattura che ha fatto il suo primo crack quando avevo tredici anni e di quella che è seguita a diciassette anni. 
Ci sono state tante di quelle versioni di me da quella prima frattura - alcune simili, altre opposte.

C'è stata la tredicenne che ha fatto il funerale a se stessa quel 13 novembre 2002.
C'è stata la quattordicenne stupida che non è stata capace di restare accanto a suo nonno. 
C'è stata la quindicenne che si credeva invincibile e padrona del mondo. 
C'è stata la sedicenne che ha sentito tremare la terra sotto i piedi e ci ha riprovato di nuovo dopo tre anni dalla prima volta.
C'è stata la diciassettenne a cui sono crollati il mondo e ogni certezza. 
C'è stata la diciottenne che ha iniziato a tagliarsi. 
C'è stata la diciannovenne così arrabbiata da riuscire involontariamente a mettere un'intera classe contro una singola persona fino a diventare completamente indifferente ad ogni cosa.
C'è stata la ventenne che ha provato a rimettere insieme i pezzi. 

E da lì in poi è qualcosa di così completamente confuso, qualcosa che non assomiglia nemmeno ad un essere umano - specialmente negli ultimi due/tre anni.

Ci sono versioni di me che spiccano sulle altre, in particolar modo la tredicenne e la diciassettenne.

Ho ascoltato In Time degli Yellowcard e ho avuto i brividi perché sembravano davvero due versioni di me faccia a faccia che si parlavano. 

You got secrets in your heart
I got mysteries in mine
I tried to fix you and you tried to fix me
We broke in time
Now it’s storming in your soul
It’s always raining in mine
All the days we would wake up in sunshine
Did fade in time

In time, in time, in time
Fade in time

I see rivers in your eyes
You see oceans in mine
All these poems we’ve written with our lives
Change in time

In time, in time, in time
Change in time

Needed so much time
So much time

I hear goodnight in your voice
You hear goodbye in mine
I will be with you and you will be with me
Somewhere in time

In time, in time, in time
Somewhere in time

Sembra una mescolanza di voci: la diciassettene che parla alla me quasi ventinovenne, la me odierna che parla alla diciassettenne, la tredicenne che parla alla me bambina e le dice addio, ognuna di noi che ha cercato di aggiustare l'altra ma per quanto ci provassimo non ci siamo mai riuscite.

On air: Yellowcard - In Time

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