Oggi ho finito un libro che non dimenticherò mai.
In comune con la sua protagonista non avevo solo il nome, ma anche altre cose - cose ben più spiacevoli di un nome.
Il passato era diverso, ma ho riconosciuto l'ansia e il risentimento e le aspettative e il posare il proprio sguardo su qualcosa di impossibile proprio perché era impossibile da ottenere.
Ho riconosciuto il rimpianto, la mancata accettazione e l'incapacità di lasciare andare.
Ho riconosciuto il silenzio.
Ho riconosciuto la sua voglia - inconscia o meno - di autodistruggersi e ho riconosciuto quel bisogno di alcol, necessario per perdere conoscenza e riuscire a dormire.
Io non l'ho mai mischiato al Valium, ma ammetto che quando mi capitava di dover assumere qualche farmaco per qualche malattia a volte sono stata tentata di mandarli giù con un po' di alcol - così, giusto per vedere che effetto avrei ottenuto.
Avevo già provato l'alcol da solo, avevo la lametta come fedele alleata ed erano tutti metodi e dolori che conoscevo - come sarebbe stato mescolare un po' le sostanze nel mio stomaco?
Non l'ho mai fatto - o forse l'ho fatto una volta, durante la prima o la seconda otite con gli antibiotici e l'effetto non è stato affatto quello che avrei desiderato.
Sono ben consapevole che servono sostanze che agiscono sul cervello e gli antibiotici non servono a quello scopo - però ci ho provato.
Ho amato quella protagonista, ma non l'ho amata solo per l'autolesionismo in comune.
L'ho amata per il cambiamento che è riuscita a fare di sé e della sua vita - un cambiamento che io ancora non riesco a fare.
On air: Vancouver Sleep Clinic - Someone to Stay
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