giovedì 9 marzo 2017

Non scrivo da quasi un mese, forse è un record. 
Anche quando su Splinder minacciavo ogni tre per due di sparire, riuscivo a stare lontana solo un paio di giorni prima di tornare sui miei passi. 

La verità è che bene o male non è successo nulla, a parte una sfiga cosmica che continua a perdurare e l'assoluta mancanza di voglia di scrivere. 

Una volta ho letto che su un blog non si dovrebbero raccontare i propri sogni perché essendo così personali e soggettivi nelle sensazioni che trasmettono, quelli che leggono non li potrebbero mai davvero capire e questo renderebbe il post assai noioso. 
Ma in questo quasi mese di assenza, i sogni ricorrenti sono stati i principali protagonisti del mio tempo. 

Variazioni nella sequenza degli eventi o delle situazioni o delle persone coinvolte, ma sempre il mio incubo ricorrente non mi ha mollata una singola notte. 

E allora per la prima volta ero adulta e nel mio vecchio liceo, ad una commemorazione o addirittura un funerale e io parlavo a voce alta e ridevo. 
Ridevo
E alla fine venivo convocata in presidenza e incedevo lungo il corridoio, familiare ma allo stesso tempo sconosciuto, con un passo arrogante che non ho mai avuto. 

La notte dopo ero ancora adolescente e mentre tutti erano chiusi nelle loro classi a lezione, io camminavo da sola per i corridoi e finivo nell'aula magna più piccola - quella con quel murales incomprensibile che sembrava dovesse essere ridipinto ogni anno, ma che immancabilmente restava lì

La notte dopo ancora era giugno, faceva caldo, era l'ultimo giorno di scuola e tutti festeggiavano ed entravano e uscivano dalle porte principali a proprio piacimento, ma io ancora non potevo andarmene ed ero bloccata in classe a lezione perché non avevo finito tutti i compiti. 

Qualche notte fa è tornato invece a farmi visita l'altro sogno ricorrente inerente al liceo. 
Come al solito ero in ritardo, come al solito ero in cucina a fare tre cose contemporaneamente per cercare di recuperare il tempo perduto, come al solito era un giornata di sole ma con un'aria primaverile fin troppo fresca, come al solito mio padre mi avvisava che stava arrivando il pullman, come al solito uscivo di casa con il giubbotto aperto e lo zaino mezzo sfatto. 
Stavolta però quando uscivo dal cancello di casa non c'era il pullman ad aspettarmi, ma mio nonno a bordo della Fiesta che ora guidiamo io e mia madre. 
E mi sorrideva mentre salivo e mi sedevo accanto a lui, giovane come lo ricordo visto attraverso gli occhi della bambina che sono stata e mi diceva che quel giorno mi avrebbe portata lui a scuola. Solo che poteva fermarsi fino ad un certo punto e che allo stop dell'incrocio sarei dovuta scendere e andare a piedi. 
E poi la Fiesta spariva alla mia vista dietro l'angolo. 

Uno dei ricordi più chiari che ho di mio nonno è quello successivo ad una mia marachella, quando mi ha esortata a dire la verità a mia madre
Chissà quanto sarebbe deluso se sapesse la quantità di bugie e omissioni che oggi escono dalla mia bocca. 

Sebbene in modi e situazioni diverse, quest'anno si sta dimostrando l'esatta replica dell'inizio di quei due anni infernali e io onestamente sono troppo stanca per fare altro che non sia aspettare e pregare che passino e che il 2018 sia già dietro l'angolo, perché se c'è una cosa che ho imparato è che so già come andrà a finire
Ogni tanto sento la gola stringersi da sola, come se qualcuno da dietro mi avesse stretto quella famosa cintura al collo e stesse tirando e io lotto per trovare la voglia di combattere.  

Prima parlavo con mia madre e mi ha chiesto cosa ne voglio fare del mio futuro e mi sono resa conto per l'ennesima volta che non vedo assolutamente nulla davanti a me, quindi mi sono limitata a scrollare le spalle per non dire quello che stavo davvero pensando. 

On air: Deep Insight - Hurricane Season  

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