martedì 20 dicembre 2016

È da quando avevo 17 anni che sono arrabbiata - non ho mai smesso di esserlo. 
Probabilmente non smetterò mai di portarmi dietro questo rancore e di lasciare che influisca ancora sulla mia vita in maniera irreparabile mentre osservo situazioni ripetersi nella stessa identica maniera. 

E se tanto mi dà tanto e la situazione è la stessa di dieci anni fa e il mio umore assomiglia pericolosamente a quello di allora, posso presumere che mi aspettino altri due anni di discesa all'inferno mentre sento i pensieri farsi più torbidi e la mia mano tremare. 

La differenza è che stavolta vedo la tempesta arrivare e sento l'elettricità nell'aria. 
Questa volta vedo le crepe nei muri e le voragini nei pavimenti e ho un piccolo rifugio che forse non mi terrà completamente al sicuro, ma forse mi impedirà di andare completamente in pezzi come dieci anni fa. 
Mi sono già allontanata, sto già prendendo le distanze dalla distruzione che presto o tardi avrà luogo e tra due anni da adesso ci sapremo dire se la storia si è ripetuta ancora una volta nello stesso modo. 

A volte è come allora ed è come essere la protagonista del film ancora per la quarta volta, a volte invece è come osservarsi dall'esterno e assistere alla tragedia in atto mangiando popcorn stantii - e con "tragedia" intendo ovviamente lo spettacolo di me stessa che mi distruggo. 
Non credo di aver avuto questo senso di distacco e dissociazione dieci anni fa. 

Mi ero paragonata ad una mina pronta ad esplodere al minimo cambio di pressione e io quella pressione la sento ancora oggi. 


Anni fa ho scritto come cercassi libri che avessero a che fare con i miei traumi e sofferenze passate nella speranza di trovare quelle risposte che non avrei mai avuto dalle persone direttamente interessate. 

Negli ultimi tempi ho letto due libri su uno degli argomenti che mi fanno più male: le amicizie finite. 
Il primo è stato un romanzo, il secondo un saggio - una raccolta in cui venti autrici raccontano delle loro amiche che sono andate via per un motivo o per l'altro. 

Non so esattamente cosa mi aspettassi di trovare, ma non ho trovato un'esperienza simile alla mia - non ho trovato le risposte che cercavo. 
Io ero una bambina quando lei è diventata la mia migliore amica ed ero ancora una ragazzina quando siamo diventate due estranee. Nei racconti di queste autrici, invece, la maggior parte erano amicizie che erano cominciate nell'età adulta e avevano ben poco in comune con la mia esperienza. 

Ma poi sono andata a rileggere interi post del mio blog in cui parlavo di lei e ho trovato una cosa in comune con tutte quante: la convinzione che sarebbe durata tutta la vita. 

Ho riletto di quanto io mi senta ancora l'ultima arrivata con le mie amiche di adesso sebbene siano passati ormai dieci anni da quando abbiamo stretto questi rapporti, di come a me manchi avere qualcuno che mi conosca davvero bene da tutta la vita, di come mi manchi la continuità tra la persona che ero e quella che sono - e forse non ci sarebbe questa dissociazione se lei non se ne fosse andata. 

Ho riletto di come vedermi nei miei momenti peggiori a tredici e poi a diciassette anni fosse simile, ma diverso - perché a tredici anni era stata lei ad aiutarmi a raccogliere i pezzi e aveva visto anche tutto il marcio dentro di me mentre tentavo di rimettermi in piedi, invece chi mi ha vista al mio peggio a diciassette anni ha visto solo la facciata che io avevo già ricominciato a costruire da sola. 

Ho riletto di come lei sapesse dire immediatamente quando stavo mentendo mentre ora non se ne accorge nessuno - sono anni che mento e ometto e nessuno punta il dito. Forse perché sono troppo brava, forse perché non hanno il coraggio di smascherarmi e mettermi in crisi di fronte alle mie bugie, forse perché non gliene importa abbastanza. Non come importava a lei prima che tutto andasse a puttane. 

Ho riletto di come fossimo ognuna la prima che l'altra chiamava quando accadeva qualcosa di particolare, prima che le sue omissioni cominciassero a filtrare le cose che mi confidava - forse ho imparato da lei a farlo. 

Ho riletto vecchi sms e ho riletto di come sembravamo indistruttibili da adolescenti, di come lei sapesse tutto di me - compreso quello che avevo tentato di fare a tredici anni e di come le importasse di me, prima che anche lei si mettesse a guardare il massacro come tutti gli altri. 

Ho riletto tante cose e ricordato anche cose positive insieme a quelle negative - cose che non riuscirò mai più a scindere senza che le seconde macchino permanentemente le prime. 

Ho riletto di come, ripensando alla mia vita attuale, di tutto il mio gruppo forse solo due o tre delle mie amiche potevano dire di conoscermi più delle altre e di conoscere alcune delle mie reazioni - quelle istintive che neanche la razionalità più forte riesce a frenare. E ho riletto di come, in caso fosse successo qualcosa che valeva la pena di raccontare, avrei chiamato forse solo una o due di loro. 
Ora mi sono resa conto che invece non chiamerei nessuno immediatamente, magari aspetterei la prima occasione utile. Sempre se poi mi decidessi ad aprire bocca

Mentre rileggevo tutto questo ieri notte - pagine e pagine di blog - mi sono resa conto che negli ultimi due anni la mole di omissioni raccontate è diventata enorme, che ho smesso nuovamente di parlare, che ho tenuto fede (anche se in maniera incostante) alla mia promessa di non fare mai di nessuna di loro colei che andandosene avrebbe di nuovo mandato in pezzi la mia vita. 
Ma, come avevo scritto l'anno scorso, le esperienze si accumulano e ci si avvicina ed è inevitabile farsi male - e io, in un modo o nell'altro, mi faccio sempre male. 

Ho commesso ancora una volta la leggerezza di affezionarmi, di affidare quel poco di fiducia che mi era rimasta a qualcuno che non fossi io. 
Ho riletto tutto quello che ho scritto negli ultimi tre anni e sento la diciassettenne che ero più viva e reale che mai, con l'autolesionista diciottenne che tenta di fare capolino dietro la sua versione più giovane. 

Voglio credere di aver imparato la lezione, voglio credere che questa volta sarò esclusivamente io ad essere nel raggio d'esplosione di quella mina e che il fatto di aver smesso nuovamente di parlare mi impedirà di fare danni maggiori - mi impedirà di provocare gli stessi danni di quella volta. Mi morderò la lingua a sangue, se servirà. 

Così ho ricominciato a tacere, ho iniziato ad omettere più frequentemente e ho imparato a mentire più spesso quando ci sono domande dirette a cui non voglio rispondere - oppure resto semplicemente in silenzio. 
È una sorta di danza, sono movimenti che ricordo di aver imparato ma che ora devo rispolverare perché sono arrugginita. È un'arte - come quella di riuscire a cambiare argomento in maniera discreta e poco sospettosa. 
Odio con ferocia quando la gente mi prende alla sprovvista. 

Dieci anni fa non ero riuscita a controllarmi, ma ora ho un decennio di esperienza più o meno riuscita e questa volta prenderò una strada diversa - la distanza. 
Ho già cominciato da mesi ad allontanarmi, a stare ai margini e finora sono stata così brava che non se n'è ancora accorto nessuno - dopotutto ero un'attrice consumata. Nessuno ha ancora cominciato a fare domande e sono convinta che questa volta non le faranno perché l'esplosione non la sentiranno - non come l'ha sentita chi c'era durante i miei tredici anni o i diciassette oppure i diciannove. 
Questa volta non farà rumore perché io sarò già lontana - con la mente lo sono già da mesi e non ho ancora smesso di aumentare la distanza tra me e gli altri. 

C'è sempre la diciassettenne furiosa dentro di me che non ha mai smesso di urlare in dieci anni e ogni tanto mi guardo attorno e anche io vorrei urlare, vorrei andare in pezzi come la diciottenne che sono stata prima che smettesse definitivamente di parlare, vorrei aprire le labbra e lasciare uscire tutte quelle parole incastrate in gola e stritolate tra i denti. 
Ogni giorno sono tentata e più volte sono sul punto di farlo, ma poi riprendo il controllo - interviene quella quindicenne che si credeva invincibile e con una scorza dura che pareva impenetrabile e che aveva imparato a proprie spese che anche solo cinque secondi di mancato controllo possono mandare a monte tutto.
Sento la sua voce che mi ricorda che sarebbe degradante, patetico, umiliante lasciar vedere come mi sento e trapelare cosa mi passa per la mente - quindi richiudo la bocca e mi subisco il mal di testa provocato da tutto quello che non lascio uscire. 

Non manderò a puttane tutto anche questa volta, anche se forse lo sto facendo indirettamente prendendo le distanze - ma so che è la cosa giusta da fare. 
Questa volta lo so, è qualcosa che ho pensato e valutato attentamente e non è qualcosa fatto d'impulso. 
Nessuno si è accorto di niente finora e deve continuare ad essere così - il trucco è spostare l'attenzione sugli altri e distoglierla da sé. 

Sono capace di sopportare altri due - o quanti saranno - anni di inferno. 
L'ho già fatto una volta quando ero totalmente impreparata a farlo e posso farlo ancora una volta, non è niente che io non abbia già affrontato. 
Posso rimettere insieme i pezzi e questa volta conosco i trucchi per distrarmi se mai la voglia di ricominciare dovesse essere più forte del solito. 

Un giorno alla volta, un silenzio alla volta, una menzogna alla volta. 
Tutto come se il giorno - il minuto - precedente non fosse mai esistito.

On air: Boys Like Girls - Learning To Fall

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