giovedì 15 settembre 2016

Era da un po' che non succedeva, ma l'altra notte ho fatto uno dei miei soliti incubi ricorrenti - tanto che mi sono svegliata di soprassalto e senza fiato nei polmoni. 

Era da un po' che non succedeva, ma ho sognato di essere a bordo di un treno - un treno che viaggiava troppo veloce per i miei gusti. 
Ma non ero da sola, come al solito c'erano persone che conoscevo e all'inizio c'era questa atmosfera quasi irreale di calma. 
Ben presto però mi rendevo conto che la destinazione era sbagliata, ma io sembravo l'unica ad esserne cosciente. 
Ricordo che ne parlavo prima con quelli che stavano vicino a me e poi mi alzavo e mi mettevo ad urlare e intanto il treno prendeva sempre più velocità. 
Tutti continuavano a chiacchierare come se niente fosse mentre io ero sempre più irrequieta e iniziavo ad andare avanti e indietro lungo i vagoni cercando qualcuno che mi ascoltasse, fino a quando non mi fermavo sulla piattaforma tra un vagone e l'altro e fuori dal finestrino vedevo tutte queste stazioni minuscole e sconosciute sfrecciare così veloci davanti ai miei occhi tanto che non riuscivo nemmeno a leggere il loro nome nella luce del tramonto. 

Sempre nella luce del tramonto e se questo ha un significato, proprio non lo so. 
E niente, mi sono svegliata nel momento in cui ho smesso di combattere - nel momento in cui ho accettato che stavo andando in una direzione che non volevo e verso una destinazione che non avevo chiesto. 


Sono sempre stata gelosa della mia musica, forse perché ascolto assiduamente la stessa manciata di band da anni - condite ovviamente con le canzoni di altri artisti che scopro attraverso i telefilm. 
Ne sono sempre stata gelosa perché so quello che significano per me e per me è quasi dolorosa la sola idea che qualcun altro ascolti gli Yellowcard, specialmente se è qualcuno che conosco perché so che non coglierà mai le sfumature che colgo io e allo stesso tempo temo che possa scoprire troppo di me sentendo quanto la voce di Ryan sappia farmi tremare. 
O quanto le parole di anche altre canzoni - senza tirare sempre in mezzo gli Yellowcard - sappiano descrivermi fin troppo bene.

Non starò a ripetere quando e perché ho smesso di ascoltare alcune band - ne ho parlato fin troppo in questi anni. 
Non starò a ripetere quanto mi piaccia essere in macchina da sola e ascoltare la musica con il finestrino abbassato - l'ho scritto e riscritto in numerosi post. 

La musica è qualcosa che condividevo poco e malvolentieri anche con quelle persone che consideravo amiche e con cui avevo qualche band in comune - anche prima di diventare il disastro che sono oggi. 
La musica è qualcosa che vivo in maniera così viscerale e intima da temere che se qualcuno prestasse davvero attenzione a quello che ascolto, allora capirebbe tutto quello che tento di tenere nascosto. 

Ho sempre scritto che non sono una di quelle che impone i propri gusti musicali agli altri, ho sempre scritto che sono tollerante con i gusti altrui quando io sono solo la passeggera in macchina di qualcun altro. 
Mi sono però resa conto che non riesco a fare lo stesso con me alla guida. 

Ho uno strano rapporto con il silenzio - un po' lo odio e un po' lo amo. 
Ho imparato ad amarlo quando non potevo fare altro, ho imparato a riempirlo di note e parole e melodie quando era troppo insopportabile e urlava troppo forte. 
Lo odio però quando sono in compagnia di altre persone, è come se mi sentissi sempre in dovere di riempirlo - anche quando magari per gli altri è un silenzio piacevole che non ha bisogno di essere tormentato perché sei in compagnia di persone con cui sei a tuo agio, ma per me diventa un gomito fastidioso che mi pungola il fianco. 

Il punto è che quando sono in macchina di altri e con la musica di altri non ho nessun problema a lasciare che siano le note a far da sottofondo e a riempire il silenzio tra una chiacchiera qui e una là - è un cuscinetto in quel caso, non assume la forma spigolosa di un gomito piantato tra una costola e l'altra. 
Il problema è quando ci sono io alla guida. 

Sono costretta a ricorrere alla mia musica per fare da sottofondo e riempire il silenzio tra una frase qui e una risata là, ma in questo modo - proprio perché fa da sottofondo - devo tenerla bassa e non al solito volume a cui sono abituata. 
Al volume a cui sono abituata a cantarla, a cui sono abituata come compagnia, a cui sono abituata come specchio dei miei pensieri. 
Si tratta di un qualcosa che non riesco più a fare: sento il bisogno di riempire il silenzio per deviare l'attenzione da me, ma allo stesso odio condividere la mia vita e tenerla a basso volume. 

E me ne sono resa conto l'altra sera, quando ho trascinato mio padre al cinema a vedere Jason Bourne e non ha voluto prendere la sua macchina, ma ha lasciato che guidassi io quella che condivido con mia madre. 
Ed è stato un gesto automatico, per riempire il silenzio ho messo la mia musica e nel corso di quei dieci minuti di guida ho capito tutto questo. 
Ed era strano stare in macchina con mio padre, solo io e lui e con me alla guida - sono nove anni che ho la patente e quando mi faceva esercitare, nell'abitacolo regnava il silenzio perché ero già agitata di mio e non mi servivano ulteriori distrazioni. 
Capita raramente quindi che sia io a guidare e lui sia dal lato del passeggero, ma di solito inizio a chiacchierare della prima cosa che mi viene in mente. 

Non so perché, ma l'altra sera ho acceso la musica e tutta la mia intolleranza mi è stata chiara. 
Non tanto nei confronti di mio padre, anche se è capitato nel corso degli anni che mi chiedesse che diamine stessi ascoltando quando ero in piena fase emo e non sembravano esserci abbastanza canzoni screamo per coprire il caos nella mia testa. E mentre suonava la traccia 6 della colonna sonora di Captain America - The Winter Soldier, sorridevo senza essere vista al ricordo di quelle volte e dei miei CD che non voleva nemmeno vedere e all'idea di cosa potesse pensare in quel momento sentendo proprio la theme song del Soldato d'Inverno quando compare in scena. SPOILER: c'è qualche urletto screamo. 
Come si nota, non perdo il vizio.

Il punto è che mi sono resa conto di non sopportare più la cosa, che forse preferirei sopportare il silenzio e soffrire quella terribile gomitata nelle costole piuttosto che accendere anche solo una volta di più la musica in macchina quando non sono da sola. 

Mi sono resa conto di sopportarlo solo con mia madre - un po' perché in realtà ha dei gusti simili ai miei e le piace quasi tutto quello che ascolto, un po' perché mi lascia canticchiare, un po' perché mi lascia tenere il volume ad una via di mezzo tra quello alto che tengo quando sono da sola e a quello troppo basso che sono costretta a tenere quando ho compagnia, un po' perché non mi costringe mai a parlare quando è evidente che non ne ho voglia. 
E sono almeno dieci anni che non ho voglia di parlare e in questo il silenzio è più simile ad una coperta calda in inverno. 

Ma con tutte le altre persone è qualcosa che inizia a darmi davvero sui nervi. 

On air: Rascal Flatts - Rewind 

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