mercoledì 10 agosto 2016

Il problema di dover "aspettare" tra il colpo subito e il momento in cui potrai dare sfogo a tutto quello che ti si è annodato nello stomaco è che il tempo passa. 
Il tempo passa e tu hai modo di rifletterci, di guardare le cose in maniera più obiettiva perché nel frattempo il colpo si è assestato e messo comodo nei recessi della tua mente e la rabbia e il dolore si sono raffreddati. 

E quindi ti ritrovi davanti allo specchio mentre ti strucchi e nei tuoi occhi vedi perfettamente la battaglia che infuria - vedi la tua coscienza che ti dice che non fa più male come nel momento esatto in cui le parole ti hanno colpita e che quindi puoi lasciare andare e poi vedi l'istinto che protesta perché ormai il pensiero è lì e continua a pungolare quella parte malata di te che abbocca sempre all'amo e vuoi farlo, anche solo per toglierti la voglia che ormai è troppo grande per essere repressa e il tuo istinto lo sa e continua a mandarti in loop le parole esatte per farti tornare indietro a quel momento e metterti nello stato d'animo giusto per cedere. 

E quindi ti sdrai sul letto e nella luce più bassa che hai in camera ti rigiri la lametta tra le dita mentre la battaglia ormai è diventata una guerra senza esclusione di colpi, ma tu te ne stai fredda e impassibile e insensibile ad aspettare di vedere chi vincerà perché sei così stanca che alla fine ti andrà bene qualsiasi decisione prenderanno tutte le cose che non vanno in te. 
Perché non è più solo il tuo istinto ad essere malato, ma anche la tua coscienza è ormai contaminata da tutto il marcio che hai dentro. 

E quindi mentre aspetti di sapere se lo farai o meno, osservando la lametta sai che il polso è fuori discussione essendo estate e avendo le braccia scoperte ma non te ne preoccupi - c'è un'altra zona di te che è adatta allo scopo, una zona che nessuno può scoprire neanche accidentalmente e guarda caso è proprio coinvolta nelle parole che ti hanno detto qualche ora prima. 

Da una parte non lo vorresti fare perché sei "pulita" da un po' e forse è quasi un record, ma dall'altra ormai quelle parole hanno piantato il seme nella tua mente e hanno fatto infezione e senti che la febbre inizia già a salire. 

Continui a rigirarti la lametta tra le dita fingendo che il risultato non dipenda da te, ma in realtà hai già preso la tua decisione e sai cosa fare. 
E sono movimenti e sensazioni che non hai mai dimenticato mentre riporti alla mente quelle parole e come lo stomaco ha fatto male quando le hai sentite e come hai sentito l'ansia stritolarti il cuore - mentre le usi come scusa per giustificare quella che ormai è chiaramente solo la voglia di farsi del male e non l'esternazione del dolore provato qualche ora prima. 
Ma le usi come scusa comunque perché è più accettabile che ammettere di aver ceduto per il gusto di farlo che per il reale bisogno.

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