Avrei potuto scrivere prima di oggi, ma ho preferito aspettare di aver finito l'ultimo libro che avevo cominciato.
Mi sono fatta regalare Some Girls Are di Courtney Summers dalle mie amiche per Natale.
È un libro forte, sia nella tematica che nella rappresentazione degli avvenimenti.
È un libro sul bullismo.
La mia natura autolesionista si vede anche da questo: cerco sempre libri che trattino temi che per me sono stati fonte di traumi e sofferenza.
Cerco sempre libri che parlino di bullismo e di amicizie finite perché in qualche modo ne ho bisogno per placare la mia fame di risposte che so non verrà mai saziata.
Cerco nei libri quelle risposte che non avrò mai nella vita reale dalle persone che mi hanno fatto male.
Cerco cause, motivi e giustificazioni a qualcosa che non ha nulla di razionale perché dettato dalla pura cattiveria e dalla stupidità adolescenziale.
Io non sono mai stata la cosiddetta mean girl, anzi - semmai sono sempre stata il bersaglio preferito delle cattiverie fin dalle scuole medie.
Non ho mai avuto nemmeno il carattere per essere così spietata e cattiva volontariamente.
Però sono stata anche io una mean girl senza averlo deciso coscientemente.
E dio, un po' mi vergogno ad ammetterlo ma mi era piaciuto.
È stato in quinta superiore, dopo quello che io ho sempre chiamato il terzo tradimento da parte di un'amica nel giro di due anni.
E l'ho considerato peggiore di quello di Elisa perché quest'altra ragazza sapeva benissimo cos'avevo passato - ma non è questo il punto.
Non è stata una mia decisione quella di iniziare le prese in giro e le cattiverie - che poi non erano nemmeno chissà cosa - ma di certo non ho fatto niente per farle desistere.
Ero arrabbiata, ferita, delusa - ero furiosa.
Ma come al solito cercavo di tenerlo solo per me perché sentivo di non avere nessuno con cui poterne parlare.
Poi è arrivata l'indifferenza.
Ma le mie amiche, quelle che mi sono rimaste accanto nonostante io non proferissi parola perché a quanto pare i miei silenzi erano più che sufficienti, hanno cominciato a stringere il cerchio attorno a me e a farmi da scudo quando io ero troppo a terra per difendermi.
E si sa che una classe femminile non è altro che un covo di vipere pronto ad attaccare al minimo accenno di debolezza - una classe femminile è come uno squalo appena sente l'odore del sangue.
Ma per una volta non ero io il bersaglio.
Questa ragazza era sempre stata un po' presa di mira sin dalla prima superiore, ma in classe eravamo tutte egocentriche e/o divise in gruppetti sempre pronte ad azzannarci l'una con l'altra.
Io di fatto non c'entravo niente, anzi - alcune continuavano a non sopportarmi ma in quinta superiore non importava più.
Eravamo tutte stressate per la maturità e serviva una valvola di sfogo - scannarci l'una con l'altra non avrebbe portato ad alcun risultato.
Quindi perché non sfruttare le conseguenze di quello capitato a me e accanirsi contro un'unica persona?
Io all'inizio non me ne sono nemmeno accorta.
Ero piena di rabbia, piangevo quasi tutti i giorni, non parlavo e dormivo ancora meno e Alessia mi seguiva in bagno perché aveva paura di quello che avrei potuto fare e non aveva torto: a casa mi tagliavo e in bagno a scuola prendevo a pugni il muro fino a farmi diventare le nocche viola.
Ero un disastro.
Prima sono state le mie amiche a fare muro attorno a me e a comportarsi diversamente con questa ragazza e poi, piano piano, se ne sono accorte anche le altre.
Ad alcune non interessava nemmeno sapere cosa fosse successo e comunque io non parlavo, ma arrivata l'indifferenza - arrivato il vuoto che aveva sopito la rabbia bruciante e asciugato le lacrime - mi sono accorta che mi bastava alzare un sopracciglio e lanciare un'occhiata per la classe perché tutte se la prendessero con questa ragazza.
A volte non dovevo nemmeno fare questo, le altre facevano tutte di loro spontanea iniziativa perché ne avevano bisogno anche più di me e lì ho capito che è in questo modo che la cattiveria nasce e poi si diffonde: basta una persona ferita e il resto del mondo inizia a prendere quella scia perché è come l'odore del sangue, è come un'onda anomala che non fa altro che crescere.
Ricordo me stessa in quel periodo.
Lei provava a parlarmi e io facevo finta che non esistesse, mi giravo dall'altra parte e mi allontanavo fisicamente perché la sua presenza mi irritava e le altre cominciavano a ridere.
Ancora parlavo con il contagocce ma quando lo facevo, ricordo queste frecciate intrise di veleno che facevano sussultare.
E io non mi sentivo nemmeno un po' in colpa - dopo tutto il male ricevuto, avevo bisogno di essere io quella che ne infliggeva almeno un po'.
Non ne vado orgogliosa, ma non me ne vergogno nemmeno.
In quasi 27 anni sono stata una mean girl solo per quasi cinque mesi, ma me li sono goduti fino all'ultimo secondo.
E ricordo con un piacere quasi malvagio questa gita a Padova a vedere la facoltà di Psicologia - una delle giornate più belle della mia vita e quasi non mi interessava che con noi ci fosse anche la classe dell'allora ragazza di NAC perché ero con le mie amiche, nel pomeriggio siamo state libere di andare dove volevamo in giro e al ritorno io ero seduta in fondo al pullman insieme ad alcune delle ragazze più spietate in maniera esplicita con questa ragazza e io non ho dovuto fare altro che godermi lo spettacolo del massacro.
Non ho mai detto di essere una bella persona, probabilmente tutta la cattiveria delle persone che si sono prese gioco di me per anni ha corroso e avvelenato anche le parti di me che credevo incapaci di simili cose.
Nei mesi a venire, nei miei primi mesi di università quando si parlava ancora in maniera vaga del ritiro del diploma, sono incappata nel blog di questa ragazza e quando ho letto di come avesse paura di rivedermi e di come forse un po' mi odiava perché le avevo aizzato tutte contro ma che in fondo non poteva darmi torto, mi sono fatta due risate.
Io non ho mai aizzato nessuno contro nessuno perché sono sempre stata troppo egocentrica e concentrata sul mio dolore e sulla mia rabbia per pensare a qualcuno che non fossi io in quel momento.
Sono stata una mean girl involontaria e all'inizio a mia insaputa, ma alla fine di quei cinque mesi mi sono sentita meglio con me stessa e con la coscienza a posto perché mi sembrava di aver ottenuto un po' di giustizia per tutto quello che avevo dovuto passare io.
Questo non mi fa onore, ma non mi interessa nemmeno.
On air: Shawn Mendes - Stitches
Nessun commento:
Posta un commento