domenica 6 dicembre 2015

Quest'anno mi sono imposta di leggere almeno 50 libri.
Cioè, non è che me lo sono imposta nel vero senso del termine ma ho deciso di partecipare alla Reading Challenge che ogni anno Goodreads fa partire sul sito e all'inizio di questo 2015 mi ero posta come obiettivo 40 libri, poi sono salita a 50.


Siamo a dicembre e io ora sto leggendo il quarantasettesimo - 1984 di George Orwell.
Siamo a dicembre, sono al quarantasettesimo e non sono certa di riuscire ad arrivare in fondo alla Challenge perché mi rendo conto che c'è gente che legge molto più velocemente di me, che io perdo anche tantissimo tempo con le serie televisive e che sto perdendo tempo anche adesso scrivendo questo post.

E sono estremamente competitiva pure, quindi so che se non riuscirò ad arrivare in fondo alla Challenge con tutti i miei 50 libri poi diventerò una piccola palla incazzosa di poco più di un metro e cinquanta.

La cosa che ho notato è che non ho più la concentrazione di una volta.
Una volta potevo essere in una stanza piena di gente oppure con la televisione accesa e io avrei potuto continuare a leggere imperterrita come se fossi stata sola al mondo.
Adesso no.
Adesso il minimo rumore mi distrae, la mia mente va per conto suo e quando ritorno in me mi accorgo che sto tentando di leggere la stessa riga per la decima volta.

Mia madre dice che è normale, che fa parte dell'essere diventata adulta il non avere la mente più così sgombra da pensieri tanto da minare la concentrazione mentre si fa qualcosa, ma io vedo che lei e mio padre leggono tranquillamente anche quando c'è la televisione accesa e allora mi rendo conto che sono io quella con la soglia di attenzione di un pesce rosso.
Senza offesa per i pesci rossi perché comunque io ne ho avuti svariati e mi sono fatta dei pianti allucinanti quando sono morti.
Ma si sa che io mi commuovo nove volte su dieci.

Si sa che io ormai evito i romanzi estremamente romantici, quelli tutti zuccherosi e camminate verso il tramonto perché so che non sono reali.
Ogni tanto cerco le tragedie, ma la verità è che molto spesso non so nemmeno io cosa cerco in un libro.

Ho smesso di leggere per anni quando andavo a scuola - un po' per lo studio e un po' perché comunque non trovavo niente di mia ispirazione. 
Lasciando perdere i fenomeni mediatici Harry Potter e Twilight che ho letto anche io, ricordo davvero pochi libri durante la mia adolescenza.

Ricordo Tutto Accadde In Una Notte di Rachel Cohn e David Levithan, il primo che forse ha segnato il mio amore per i libri con musicisti e musica in generale protagonisti o comunque parte integrante di un romanzo.

Ricordo I Love You, Beth Cooper di Larry Doyle, comprato nell'estate tra il quarto e il quinto anno presa dall'ispirazione che il protagonista fosse uno sfigato innamorato da sempre di una tipa e arrivato al diploma di scuola superiore.
Immagino di averci visto un po' troppo di me e NAC a parti inverse.

Ricordo Parlami d'amore di Silvio Muccino e Carla Vangelista, regalo di mia madre per i miei diciotto anni e accantonato per un bel po' di tempo in quanto solo la parola "amore" del titolo mi faceva venire il vomito e io non volevo assolutamente saperne visto che NAC si era appena messo insieme a quella.
Quando finalmente sono rinsavita abbastanza da capire che non fosse una storia d'amore convenzionale, quel libro mi è stato anche utile per la mia tesi di maturità in modi che non avrei creduto possibili.
Ed è stato poi il secondo romanzo di Silvio Muccino e Carla Vangelista a farmi riavvicinare ai libri, mi pare nel 2010.

Non so se ho mai detto su cosa si basasse la tesi di maturità.
Quella universitaria sì, ne sono sicura, e un sacco di volte anche.
La mia tesi di maturità, avendo fatto un liceo socio-psico-pedagogico, è stata molto allegra: depressione, autolesionismo e suicidio.
Tutto forse un po' troppo vicino a me, ma nessuno lo sapeva.

E in Parlami d'amore c'è questo momento in cui Sasha, il protagonista, racconta del padre tossicodipendente e di come il solo gesto di infilarsi un ago in vena gli avesse dato sollievo anche senza droga.
E intanto Sasha sfregava il braccio contro la testiera ruvida del letto fino a sanguinare e diceva che a volte hai bisogno di far uscire il dolore, di vederlo per stare meglio.

Ed era tutto quello che provavo e per cui non avevo le parole adatte.

Una volta ho parlato di trigger qui sul blog e di come spesso nei film o nei libri ci siano le avvertenze su come certi argomenti potrebbero suscitare o scatenare ricadute o brutti ricordi in persone sensibili a quegli argomenti.

So qual è il mio trigger, lo so da anni - è quello del cutting.

A volte capita, te lo ritrovi in mezzo alla storia e non puoi farci niente - stringi i denti e cerchi di farti passare la voglia di lacerarti la pelle.
A volte capita senza preavviso come in quell'episodio di The Good Wife o di Criminal Minds o nel libro This Song Will Save Your Life di Leila Sales.
Parlami d'amore mi sento di lasciarlo fuori in quanto all'epoca non ero ancora ben cosciente di tutte le implicazioni.

Conosco il mio trigger, lo conosco bene.
E sebbene su Goodreads ci sia un'intera lista di libri che contengono/parlano di cutting e io provi una morbida curiosità verso di essi, so che la cosa migliore è starne alla larga.

Altro che quella mia ex-amica che mi aveva regalato Sulla Pelle, il primo romanzo di quella Gillian Flynn che poi sarebbe diventata famosa con Gone Girl - L'Amore Bugiardo, ben sapendo cosa io facessi.
E in copertina c'era una lametta e la protagonista aveva il corpo devastato di tagli e continuava ad incidersi parole sulla pelle.
L'ideale da regalare ad una ragazza che sai coscientemente che si taglia.

Ora sto leggendo 1984 di George Orwell, ma il libro precedente è stato un pugno nello stomaco perché ho scoperto essere sensibile anche ad un'altra cosa e ho dovuto trarre due respiri profondi per evitare di essere travolta dall'ondata di panico che sentivo salire.

On air: Rock of Ages OST - I Wanna Rock

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