L'invidia è davvero una brutta bestia e io, nonostante tutta la mia professata indifferenza e apatia, non sono esente dal provarla.
E mi detesto ancora più del solito per questo.
La verità è che non invidio chissà che cosa di grande, ma invidio le cose semplici - le cose che una volta avevo anche io.
E l'ho già scritto tempo fa un discorso del genere, ma quando si ripresentano le medesime circostanze poi si ripresentano anche i medesimi pensieri e le medesime sensazioni.
I medesimi ricordi.
La verità è che è proprio in queste occasioni che sento la tua mancanza in maniera più acuta del solito.
Sono contenta delle amiche che ho adesso perché per molti aspetti mi capiscono e conoscono meglio di quanto non facessi tu.
O forse noi a 16/17 anni eravamo troppo immature per comprendere davvero come ci si dovesse comportare.
Allo stesso tempo però ogni tanto ho la sensazione che loro non mi capiranno mai come eri in grado di farlo tu.
In realtà la situazione è uguale ma diversa allo stesso tempo: tutte mi hanno vista nei miei momenti peggiori.
Il problema è che i miei momenti peggiori a tredici anni e i miei momenti peggiori a diciassette o diciotto, sebbene in gran parte simili, erano comunque completamente diversi.
Io ero completamente diversa.
Il punto è che mi manca la continuità.
Tu mi hai vista nei miei momenti peggiori a tredici anni e in quell'infernale anno di liceo.
Tu sapevi come mi aveva ridotta il bullismo delle nostre compagne di classe e di quello poi successivo in autobus il primo anno di superiori.
Tu sapevi cosa avevo tentato di fare una sera con la cintura che una volta stava nei passanti dei miei jeans.
Tu sapevi, tu c'eri, tu hai raccolto tutti i pezzi che era ancora possibile raccogliere e li hai rimessi insieme e io ho fatto affidamento su questo.
E questo fare affidamento è stato anche il mio primo errore.
Non avrei dovuto appoggiarmi così tanto ad una persona, farne uno dei pilastri portanti della mia vita perché poi si è visto ciò che è successo - crollato quello è poi crollato tutto il resto.
Tu c'eri quando ancora non riuscivo a nascondere niente.
Le altre sono arrivate quando i pezzi avevo imparato a raccoglierli da sola, incollandoli un po' alla rinfusa perché ormai comunque non ricordavo più l'immagine originale del puzzle.
E sebbene ci fossero cose che ancora si intravedevano e riassunti di eventi detti con la mia voce, avevo comunque già iniziato a nascondermi - con la promessa che non avrei fatto di nessuna di loro la persona che andandosene avrebbe di nuovo buttato all'aria le mie certezze.
Il problema di questo all'apparenza infallibile piano è che gli anni passano, le esperienze si accumulano, si crea una storia passata comune e non si può fare a meno di affezionarsi.
Il problema è quando realizzi che alcune hanno tra di loro una storia comune passata molto più lunga di quella che hanno con te e che questa avrà sempre la precedenza.
Ed è qui che io casco ogni volta, provando sempre quell'orribile sensazione di essere ancora l'ultima arrivata nonostante siano passati anni.
Ed è proprio in questi momenti che mi manchi di più perché se fossimo ancora amiche, allora anche noi avremmo una storia in comune che non avrebbe nulla da invidiare a quelle di tutti gli altri.
Saremmo ancora io e te contro il mondo come avevamo giurato per sempre di essere a quindici anni e avrei anche io qualcuno che può dire di conoscermi da tutta la vita, qualcuno che saprebbe guardarmi e dire che mento come solo sapevi fare tu.
Ma tu non ci sei e chi mi conosce adesso, conosce solo la persona che sono diventata dai diciassette anni in poi quando la maggior parte delle cose scomode avevo iniziato a nasconderle sotto il tappeto.
Ci sono periodi che mi prendono così, ma faccio del mio meglio per cacciarli nell'angolo più buio di me stessa e stamparmi lo stesso in faccia un sorriso.
Mi sembra di non fare altro ormai da dieci anni.
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