lunedì 5 gennaio 2015

L'ultimo libro che ho finito - no, non "letto" anche se effettivamente mi mancano venti pagine per finire quello che sto leggendo attualmente - è stato Looking For Alaska di John Green.

E niente, anche questo letto in lingua originale dopo che il pomeriggio dell'ultimo dell'anno ho speso un puttanaio di soldi in quasi tutti i libri di John Green - mi manca ora solo Will Grayson, Will Grayson - e l'ultimo di Nick Hornby. 
Tutti in inglese e con mio padre che mi guardava con gli occhi sgranati. 

Comunque. 

Looking For Alaska l'ho fatto fuori nel giro di tre giorni, inframmezzando la lettura tra dormite, telefilm e tazze di tè.
Ecco, forse "fatto fuori" è stata una scelta infelice di parole visto che Alaska, la ragazza di cui è innamorato il protagonista si schianta con la macchina e muore, lasciando tutti nell'incertezza se si sia trattato di un incidente oppure di un suicidio. 

Il libro è diviso a metà tra "BEFORE" e "AFTER" e sebbene i protagonisti siano sedicenni, ha una profondità nei temi trattati che non mi ha lasciata indifferente. 
Cosa resta di noi quando ce ne andiamo? Cosa resta di quelli che lasciamo? Come si esce dal labirinto della sofferenza? Se ne esce davvero? 
E via di questo passo. 

Non ho pianto mentre leggevo, ma siccome sono ancora in lutto - e ho singhiozzato anche oggi, ma vabbè - ho sentito questo libro particolarmente vicino a me. 

E ad un certo punto Miles e il suo compagno di stanza, soprannominato The Colonel, si trovano a studiare una lista di sintomi che si possono osservare nelle persone che hanno intenzione di suicidarsi quando cercano di venire a patti con quello che Alaska ha fatto e con quello che può esserle passato per la mente. 

E mentre leggevo la lista mi sono riconosciuta almeno quattro sintomi e non nego di essermi spaventata nel realizzare questo. 

Peccato che subito dopo io abbia pensato "che figata!"

On air: Boyce Avenue - Every Breath

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