mercoledì 7 gennaio 2015

Ho cominciato a tenere un diario quando avevo 12 anni ed era iniziato a causa della mia cotta per NAC perché dovevo assolutamente scrivere quanto fosse figo.
Ed è iniziata per quel motivo, per annotare quando lo vedevo e come mi sentivo. 

Nel frattempo è iniziata la seconda media ed è cominciato anche tutto il resto: le prese in giro, le battute, l'essere esclusa (però prendere i miei quaderni senza il mio permesso per copiare i compiti perché ero brava a scuola e senza neanche un ringraziamento, quello andava bene), le risate dietro le spalle. 
Sono cominciati i primi atti di bullismo che all'epoca non riconoscevo come tali perché passino quelli da parte dei ragazzi più grandi che mi stavano antipatici e a cui io stavo antipatica a mia volta, ma perché quelle che erano mie amiche dall'asilo si comportavano in maniera così cattiva con me? 
Cos'era cambiato? 

Il diario era iniziato con NAC e poi è proseguito con lacrime, prese in giro e bullismo. 
E con i primi atti di autolesionismo, con le mie unghie lunghe piantate in un avambraccio per non urlare in classe e con una cintura stretta attorno al collo in bagno quando quella che mi fissava di rimando nello specchio era una perfetta estranea. 

Avevo tredici anni. 

Il diario stava tranquillamente sul ripiano della mia scrivania oppure nel primo cassetto del mio comodino e un giorno ho chiesto a mia madre se le era mai venuta mai la tentazione di leggerlo. 
Lei mi rispose di no, perché è rispettosa della privacy altrui e anche perché aveva paura di quello che ci avrebbe trovato dentro - aveva paura di scoprire cose di me che non sapeva e che l'avrebbero ferita. 

Non sono mai stata tanto grata per il rispetto che mia madre ha per le altre persone perché se avesse mai letto i miei diari cartacei o fosse a conoscenza del mio blog e leggesse i milioni di parole che ho scritto nel corso di quasi quindici anni, ne sarebbe devastata.
Sarebbe distrutta nello scoprire cosa sua figlia le nasconde. 

Ieri sera parlavamo dell'ultimo libro che sto leggendo, che parla di una relazione violenta dove la ragazza protagonista viene picchiata dal suo ragazzo - e sì, mi rendo conto che i miei genitori iniziano a guardarmi sempre più stranamente per il genere di libri che leggo, tra suicidi e incidenti mortali e relazioni violente. 
La storia va al contrario, cioè inizia dalla fine con Ann che giace per terra con un polso rotto nell'anniversario in cui ha conosciuto Connor e va indietro ripercorrendo la loro storia in maniera inversa. 
Dalle recensioni, la narrazione a cronologia inversa dovrebbe aiutare a comprendere meglio perché Ann comunque continui ad amare Connor, perché abbia accettato la violenza come una parte naturale di una relazione e non l'abbia mai lasciato fino a quando si rende conto che è ora di puntare i piedi.

Non riesco ad empatizzare con Ann, proprio non riesco a capire. 

Non sono mai stata parte di una relazione violenta e abusiva, non conosco nessuno che ne abbia fatto esperienza e probabilmente il fatto di non essermi mai innamorata contribuisce al fatto che io proprio non riesco a capire come si possa accettare di essere picchiate. 
Nella mia mente non può esistere un amore così forte che ti permetta di essere picchiata dal tuo ragazzo senza fare niente - accettarlo come se fosse una cosa naturale. 

Ed è vero, probabilmente dipende dalla psicologia di una persona e da quanto è stato stabile il tuo ambiente famigliare e relazionale. 
Ann ha perso il padre e sua madre non è più stata la stessa, chiudendosi ed escludendo involontariamente la figlia. Connor è il primo amore di Ann e inizialmente le dà tutto l'affetto che le è stato negato e lei fa lo stesso con lui, perché Connor è a sua volta figlio di un uomo che lo picchiava e che ancora picchia sua madre. 
E lo capisco, ma solo fino ad un certo punto. 

Sarà perché io ritengo di avere una famiglia stabile ed essendo stata vittima di bullismo sono quasi certa che non permetterei mai a nessuno di mettermi ancora le mani addosso, men che meno alla persona che dice di amarmi. 
A me basta che qualcuno si avvicini con un braccio alzato al mio viso - o in generale alla mia figura - per irrigidirmi ed essere pronta alla fuga, quindi perché mai dovrei permettergli di picchiarmi senza dire niente? 

Mia madre ha detto che spesso non capisce le persone che hanno tutto ma comunque si "inventano" problemi dove non ce ne sono e dicono di essere depresse e poi a volte si suicidano. 
E io stavo lì ad ascoltarla, con il batticuore. 

Lo so, so che non mi manca niente e che c'è gente che ha problemi ben peggiori ma ciò non toglie che io abbia avuto istinti suicidi e che ancora ogni tanto ci pensi. 
E poi le ho detto che ci penso già io a farmi del male, perché dovrei lasciare che siano gli altri a farlo? 

Ogni tanto sono capace di smettere, ma sono un'autolesionista a cui basta pensare ad una lametta per avere voglia di tagliarsi e so che sembra assurdo detto da me, ma di sicuro non permetterei a qualcuno di picchiarmi. 
Se voglio farmi del male, me lo faccio io con i miei mezzi e con i miei tempi: chi cazzo sei tu per decidere di prendermi a sberle? 

Mia madre dice che si tratta di persone con una bassa autostima che non sanno ribellarsi e che non sanno cosa sia meglio per loro. 
Che una volta vittime, poi tendono - anche involontariamente e inconsciamente - ad essere sempre vittime di altre persone diverse. 

Anche io ho una bassa autostima e sono masochista, ma penso che non sarei in grado di farmi picchiare e subire tutto passivamente. 
Credo che forse sia questa la differenza tra me e le ragazze che si fanno picchiare dal proprio ragazzo: pure io mi detesto per il 90% del tempo ma sono comunque un'egocentrica a livelli spaventosi e l'ho sempre detto - valuto il mio benessere prima di quello degli altri. 
Se poi un giorno mi gira e mi voglio tagliare e fare del male, quelli sono affari miei. 

Probabilmente è così: forse dipende dal tuo ambiente famigliare e relazionale, forse dipende dal tuo livello di masochismo e di forza, forse dipende dalla tua mente. 
Io so solo che mi basto io per farmi del male e so di essere debole, ma so anche di essere abbastanza forte da allontanarmi quando una relazione - un rapporto interpersonale in generale - inizia a diventare tossico per me. 

Sono già stata una vittima e lo sono stata anche per anni, non credo che sarei ancora capace di esserlo. 
Di me stessa, certo; di altri non credo proprio.

Voglio credere che quei due anni di inferno mi abbiano insegnato qualcosa. 
Voglio credere che l'essere stata presa di mira dai bulli sia servito a farmi rendere conto di quando c'è una minaccia di violenza - fisica e/o psicologica - in agguato. 
Voglio credere che l'aver chiuso quel rapporto con quella che era la mia migliore amica e per me come una sorella nel momento in cui per me era diventato estremamente deleterio sia servito a farmi dire basta quando è il momento. 

Non è stato immediato, quello no. 
Non è stato come premere un interruttore perché io finalmente capissi cosa non andava. 
Ci sono state Eleonora e un altro paio di persone e io sono sempre quella in fuga - quindi dubito fortemente che avrò una relazione nell'immediato - ma voglio credere che non sarò mai più una vittima di qualcun altro. 

E lo ripeto ancora nel caso non fosse chiaro: sono un'autolesionista e non smetterò mai di esserlo perché anche se ho dei periodi in cui sono "pulita", la tentazione è sempre lì - non si smette di essere un'autolesionista solo perché non si prende più in mano la lametta. 
Autolesionista sei e autolesionista resti. 
Credete forse che non ne senta il desiderio anche adesso? 
Ma mi trattengo: in parte perché voglio restare "pulita" il più a lungo possibile - e non è questione di se ricomincerò quanto piuttosto di quando - e in parte perché tra due settimane avrò bisogno di avere il braccio - il mio polso preferito - scoperto agli occhi di almeno quattro persone e non voglio il terzo grado da parte dei presenti e di quelli che non sospettano minimamente cosa sia io in realtà. 
E domenica accarezzavo l'idea di "attaccare" un altro posto e avevo i brividi all'idea del male che avrei sentito, ma per una serie di fortunate circostanze e strano tempismo sono riuscita a non farlo. 
Ma ci penso, è come un tarlo. 

Tutto questo per dire che so quando una relazione è tossica perché sono io la prima ad essere malata e per questo so di essere abbastanza forte da sapere che non finirò come Ann, che non finirò per giustificare un ragazzo che mi picchia e che non riuscirò a lasciare perché "lo amo"
Per carità. 

L'ho detto, ci sono già io che mi faccio del male. Perché dovrei avere bisogno anche di una mano? 
Sono egocentrica e mi piace il controllo; mi piace quindi controllare quando e come farmi male. 
Gli altri possono pure tranquillamente andare a farsi fottere. 

E grazie, ma proprio grazie al cielo per il fatto che mia madre non sia mai stata una ficcanaso.

On air: Yellowcard - Grey

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