domenica 22 dicembre 2013

Giovedì mattina ero in giro con mio padre per delle commissioni quando ad un certo punto io sono rimasta in macchina ad aspettarlo. 
Vedevo passare sulla strada tutti questi mezzi pesanti di altre nazioni e, complice la mattina di sole, mi è venuta in mente la mia gita a Vienna in quarta liceo. 
E con essa mi è venuta voglia di partire ancora, sebbene io sia andata via solo due settimane fa. 

Ho sempre detto che mi è sempre piaciuto viaggiare. 
Mi è sempre piaciuto fare la valigia anche solo per andare dai miei zii a Bergamo. 
Mi è sempre piaciuto respirare aria che non fosse quella tossica di questo posto che continua(va) ad avvelenarmi. 

Quando stavo male - in quegli anni in cui non vedevo la luce alla fine del tunnel - immaginavo sempre di prendermi su da un giorno all'altro e sparire, andarmene via e non dare notizie nemmeno ai miei genitori. 
Mi piaceva immaginarmi da sola, a camminare su un lungomare qualunque di una città o paese marittimo qualunque perché non riuscivo affatto a pensare a me stessa lontana dal mare. 
Mi piaceva immaginare che mi sarei confusa in mezzo a tutta questa gente che non aveva la minima idea di chi fossi e da dove venissi e a cui comunque non sarebbe importato un accidente. 
Mi piaceva immaginare che non avrei lasciato alcuna traccia di me e che finalmente avrei avuto la pace e la tranquillità che tanto desideravo, senza nessuno che mi puntasse continuamente il dito contro. 
O qualche insulto. 

Ho già detto più di una volta che sognavo di andarmene lontano a fare l'università e invece sono rimasta qui. 
Ci sto marcendo in questo posto ma allo stesso tempo non faccio niente per allontanarmi. 

Ero sempre irrequieta e volevo sempre andarmene, perlomeno nella mia testa. 
Ma credo che ad un certo punto fossi troppo spezzata per avere la forza di compiere sul serio quel passo. 
Credo che ad un certo punto pure uscire dalla mia camera richiedesse un sforzo troppo grande. 
Avevo - e ho - cominciato a preferire la mia piccola bolla di tranquillità a quella che avrebbe potuto offrirmi un qualsiasi altro posto; la mia piccola bolla formata dalla mia camera, dai miei libri, dalla mia musica e dai miei film. 
Ero talmente spezzata che non vedevo l'ora di tornare a casa e nascondermi sotto le coperte.
E, sotto certi aspetti, è ancora così. 

Però ogni tanto ho ancora l'impulso di fare le valigie e andarmene e, quando posso, lo assecondo. 
E anche quando sono andata via due settimane fa con le mie amiche, mio padre mi prendeva in giro dicendo che avrei telefonato in lacrime la prima sera per la nostalgia ma mia madre gli ha detto subito che se ci fosse stato qualcuno che si sarebbe messo a piangere quella di certo non sarei stata io, ma lui. 
Ed è vero, praticamente. 
Io mi dimentico di telefonare, quasi non mi interessa perché sono da sola e non mi frega di altro così mi devo sforzare di ricordarmi di dare mie notizie. 
Ho sempre detto che sono una persona egocentrica ed è brutto da dire, ma sono sincera quando dico che non sento più la mancanza delle persone.

Diverso tempo fa mi ero imbattuta in un termine inglese che descriveva perfettamente quello che prov(av)o. 
Il termine è wanderlust, deriva dal tedesco ed è praticamente il desiderio bruciante di viaggiare e vedere posti nuovi e l'incapacità di restare fermi troppo a lungo nello stesso luogo.
E io non riuscivo proprio anche solo a pensare di restare qui, ma avevo sedici anni e da sola non è che potessi andare lontano fisicamente e così lo facevo con la mente. 
Cosa che continuo a fare. 

In psicologia "wanderlust may be driven by the desire to escape and leave behind depressive feelings of guilt, and has been linked to bipolar disorder in the periodicity of the attacks.
In adolescence, dissatisfaction with the restrictions of home and locality may also fuel the desire to travel."


A volte mi sento ancora così mentre altre volte sono contenta di restarmene accoccolata al sicuro nella mia bolla. 
Si sa che io sono sempre stata quella delle contraddizioni. 
Ci sono periodi in cui sì, sono irrequieta e questo posto mi va stretto, ma molto spesso la mia incapacità di restare ferma riguarda le persone e il modo in cui io scappo da loro.
E faccio di tutto per non lasciare che si avvicinino a me. 

Sono settimane che ci penso e ieri l'ho anche detto a mia madre. 
Sono settimane che ci penso e anche se mancano più di quattro mesi al mio compleanno, ho deciso che se quel giorno c'è il sole mi prendo su e me ne vado nel mio secondo posto preferito e ci resto per tutta la giornata. 
Mia madre ovviamente sta già iniziando a preoccuparsi - come fanno tutte le madri, del resto - e mi ha chiesto se non ho proprio nessuno a cui chiedere di accompagnarmi, ma io le ho già detto chiaro e tondo che ci voglio andare da sola. 
Il solo immaginarmi in treno con la musica nelle orecchie e poi in giro da sola per la città è capace di tenere a bada l'ansia e l'irrequietezza che ogni tanto mi prendono.
E mi fa sorridere il pensiero che mentre le persone mi scriveranno gli auguri per sms o su Facebook, io intanto sarò troppo impegnata a rilassarmi lontana da tutto e da tutti. 
E poi tornerò a casa e magari la sera uscirò con Laura visto che il mio venticinquesimo compleanno cade di sabato, ma nessuno saprà dove e cosa ho fatto tutto il giorno. 
Solo il pensiero è capace di distendermi i nervi. 

On air: George Strait - Run 

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