lunedì 12 novembre 2012

Non mi sono mai presa cura di me stessa.
In realtà forse non ho mai voluto imparare a farlo e così continuo a fare quello che ho sempre fatto finora.
Mi gestisco a malapena e forse nel peggior modo possibile ma non riesco a fare in modo che me ne importi abbastanza.

La prima volta che mi sono fatta del male volontariamente avevo forse undici anni e mi sono piantata le unghie di una mano in un avambraccio per impedirmi di urlare davanti a tutti.
E ogni volta che stavo per aprire bocca e rilasciare il fiato che avevo nei polmoni premevo un po' di più, giusto per essere sicura di non lasciare uscire nemmeno un suono.
Non importava che due miei compagni di classe tentassero di farmi smettere tirandomi il braccio, io continuavo imperterrita perché era l'unica cosa che mi tenesse ancorata alla realtà anche se all'epoca ancora non l'avevo capito.

Quando ho ricominciato avevo diciotto anni e ancora ero in una situazione che odiavo fuori casa e l'unico rimedio che avevo trovato per non cedere al panico - o per non fare la figura della stupida correndo via salvo poi dover tornare indietro con la coda tra le gambe - è stato cominciare a grattare in maniera ossessiva lo stesso lembo di pelle all'interno del mio polso sinistro.
Non ho idea quanto tempo sia servito perché intanto ero impegnata a cercare di mandare aria nei miei polmoni senza soffocare con il mio stesso respiro, ma alla fine mi sono ritrovata con la pelle strappata e praticamente un buco nel braccio mentre osservavo affascinata il mio stesso sangue.
E poi ho cominciato con la lametta perché ne avevo bisogno - ne volevo di più e sempre più in fretta - ma nei primi tempi sono rimasta incantata da come la mia prima ferita inflitta con le unghie fosse stata una delle ultime a rimarginarsi, nonostante quelle inflitte con la lametta fossero state molto più recenti.
I tagli sparivano ma quel piccolo buco continuava a rimanere e lo guardavo e me ne sentivo orgogliosa.
Era la mia prima ferita inflitta con la piena coscienza e consapevolezza di quello che stavo facendo e non potevo fare a meno di restare ad osservare sorridendo.

Nel corso degli anni poi ho continuato, ho smesso e poi ricominciato di nuovo per poi riuscire a fermarmi ancora una volta, ma è sempre stato con la lametta e non più con le unghie.
Non so, forse perché ci vuole troppo tempo e io volevo vedere subito il sangue, volevo riuscire subito a respirare e non avevo il tempo per aspettare di risalire in superficie.
Mi fa sempre sorridere come nessuno se ne sia mai accorto nel corso degli anni, quando io sono convinta di aver scritto autolesionista in fronte.
È proprio vero quando dicono che sono sempre le persone più vicine a noi le ultime a sapere le cose e cosa davvero non va.
Solo una volta mia madre mi ha beccata perché mi ha vista scendere con il disinfettante in una mano e poi ha tentato di togliermi il polsino, ma io mi sono sottratta alla sua presa.
Non so se ha mai capito che mi ero tagliata, se ha pensato che fosse una cosa di una volta sola o se ha avuto il sospetto che poi io abbia continuato nel tempo a seguire.
Lei non me lo ha mai detto e io non gliel'ho mai chiesto.

Non so se sia possibile fermare un attacco d'ansia prima che effettivamente colpisca, quando sei ancora in quella specie di limbo in cui lo senti crescere e senti che stai per esserne travolta ma ancora hai la lucidità sufficiente a renderti conto di quello che succede attorno a te.
Io so solamente che avevo un disperato bisogno di restare lucida e non cedere al panico e, non avendo una lametta con me, ho iniziato a passare senza sosta l'unghia del mio pollice all'interno del mio polso.
E all'inizio ho pensato che non sarebbe stato sufficiente, ma poi ho cominciato a sentire bruciare e ho capito che non dovevo assolutamente fermarmi perché finché sentivo dolore fisico, le possibilità di cedere ad un attacco diminuivano drasticamente.
Non ci ho dovuto neanche pensare perché è stato un gesto automatico quello di raggiungere il mio polso e farci qualsiasi cosa.
E ho continuato, forse per un'ora, e faceva un male del diavolo ma io non riuscivo a smettere e mi sono messa a ridere perché ero così dannatamente compiaciuta con me stessa per essere riuscita a fermare un attacco, anche se questo aveva significato ricominciare dopo mesi.
Ammetto che poi avevo anche contemplato di usare la lametta ma ero calma, così calma come non ero da tempo e l'interno del mio polso era spellato, rosso e gonfio.
Non avrei sopportato anche il dolore della lametta perché non ero più anestetizzata e lo so, sembra una contraddizione visto che sono una autolesionista, ma persino io ho una soglia del dolore e quando fa male.. cazzo, fa male.

Ho un unico segno ora sul polso e forse ho la tentazione di aggiungerne altri, ma so che questo ci metterà un bel po' a sparire visto che è stato inflitto con le unghie e come al solito non lo saprà nessuno perché grazie al cielo fa freddo e non devo nemmeno preoccuparmi di avere le braccia scoperte.

La verità è che mettendo nero su bianco tutto questo dovrei rendermi conto di tutto quello che non va, dovrei essere spaventata e invece niente, non riesco nemmeno a pentirmene.

On air: Semisonic - Closing Time

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