sabato 16 giugno 2012

Serena è di fatto la mia psicologa; e si impegna, cavoli se si impegna.
Il problema è che io sono una pessima paziente.


Durante le nostre "sedute di psicoterapia" capita che ogni tanto mi dia anche i "compiti per casa".
Stavolta si è trattato di selezionare i post più belli - a mio parere - che io abbia mai scritto e tenermeli sul computer, in modo da poterli rileggere ogni tanto e rendermi conto di chi sono, ma soprattutto di chi sono stata.
Ma io ogni volta faccio di testa mia e così, mentre rileggevo il mio blog - e sto parlando di quello che avevo prima su Splinder - dall'inizio alla fine, ho pensato bene di farne una copia anche per lei.
E siccome una cosa tira l'altra e io non riesco mai a fermarmi, ho salvato in una cartella a parte anche tutti i post che l'aiuterebbero a capirmi meglio e sopportarmi meglio perché riconosco che avere a che fare con me non è affatto facile.


Ho osservato per l'ennesima volta la mia vita.
Quella scolastica e quella personale, quella che aveva a che fare con l'amicizia e quella che aveva a che fare con l'amore.
Ho osservato tutti i cambiamenti - dagli argomenti trattati al modo di scrivere - e le differenze tra le persone che ero prima e quella che sono adesso.
Sì, ho detto "persone" al plurale.
Perché ho interpretato così tanti ruoli diversi per adattarmi e sopravvivere che ad un certo punto si sono tutti sovrapposti e io non avevo nemmeno la più pallida idea di chi fossi realmente.
E mi ero persa e per molto tempo non sono riuscita a ritrovarmi.
Ho osservato la mia vita scendere all'inferno per poi tornare faticosamente all'aria aperta.


E ho osservato per l'ennesima volta che razza di drogata sono sempre stata.
Una drogata nei confronti di quella cazzo di lametta, una drogata di dolore perché avevo imparato a nutrirmi solo di quello e una drogata nei confronti di Luca con tutti i miei "non me ne frega più niente" per poi ritornare a sospirarci sopra alla prima occasione.


Ho osservato e mi sono resa conto - cinque anni dopo quello che avevo scritto nel 2007 - quanto fossi messa male, che disastro di persona fossi.
Quanto troppi avvenimenti concentrati in un periodo troppo breve mi avessero fatto perdere qualsiasi cognizione di me stessa e della realtà e quanto mi avessero cambiata nel giro di poco - troppo poco - tempo.
Quanto provare rabbia e farmi del male in qualsiasi modo fossero le mie uniche priorità.


Puoi anche osservare una fotografia per minuti - o forse anche ore - ma le persone che vi sono ritratte non ti diranno un bel niente.
Semplicemente ci sono domande che sono destinate a rimanere senza risposta.
Vuoi perché una risposta non esiste affatto, vuoi perché quella risposta tu non la vuoi veramente trovare.
E mentre rileggevo la mia vita dall'inizio alla fine di quei sei anni che definire "difficili" è davvero poco, sono incappata in una vecchia canzone dei Vanilla Sky.
Una canzone che avevo dimenticato di amare e che si ricollega proprio a quello che ho scritto sopra.


“Hello it's a beautiful day and
I'm searching for the legendary answer
To all the uncomfortable questions
that I had when I was 20 years old
[..]
Hello this is the beautiful me
yeah, still looking for the legendary questions
To all the uncomfortable answers
that I had when I was just 17”

Ho sempre avuto tante domande anche io e non tutte hanno avuto una risposta.
Immagino che a volte semplicemente debba andare così.


E mentre rileggevo tutto, oltre ad ascoltare i gruppi della mia vita e in particolare Lene Marlin, ho tirato fuori tre cd che davvero non ascoltavo da quella che mi sembra una vita.
Changes dei Vanilla Sky - da cui è tratta la canzone riportata sopra - e Untold Stories e Different Ways dei The New Story.
Ho (ri)trovato canzoni che avevo dimenticato, esattamente come avevo cercato di dimenticare tutto il resto.
Canzoni il cui peso si è fatto sentire chiaramente.
Parole che sentivo allora, ma che forse non comprendevo appieno.
Parole che si adattavano anche allora, in qualche modo, ma mai come si adattano adesso.
Quasi stessero solamente aspettando questo momento per farmi rendere conto che sì, doveva succedere tutto quello che è successo e che dovevano passare tutti gli anni che sono passati.
E di anni ne sono davvero passati tanti.
Sia Changes che Different Ways sono del 2007.
E ho sorriso.


Una canzone che amo moltissimo è “Between” dei Courrier.
Amo specialmente il ritornello, ma fino a questo momento avevo sempre pensato che la sua ultima frase per me non fosse adatta.
Che avrebbe dovuto essere diversa.
Poi ho riletto della mia vita e improvvisamente quel ritornello ha assunto tutto un altro significato.


The day between the soil and the sky
A emptiness, a void, a heaviness, a sigh
But I know you will make through alive
Cause you never said goodbye
[..]
And I felt faint of heart cause I was caught between
The weight of everything I couldn’t say

E ora ho finalmente capito.
Ho sempre creduto che anche non perdonando le persone e non permettendo loro di tornare nella mia vita, io fossi in grado di voltare pagina e tanti saluti.
Ma non è mai stato così.
Ho riletto la mia vita, ancora una volta, e solo con “Between” in sottofondo mi sono resa conto che non dico mai veramente addio.
Riesco ad alzare muri quasi impenetrabili tra me e loro, ma non mai inespugnabili.
Continuo a vivere con uno spiraglio nel muro; uno spiraglio che non sono mai riuscita a chiudere definitivamente.
Uno spiraglio da cui mio nonno, Luca ed Elisa e tante altre persone occasionalmente riescono a passare.
Sono andata avanti, quello l’ho fatto.
Ma non ho mai detto addio.


Non so se oggi sono più equilibrata perché effettivamente una sorta di equilibrio l'ho raggiunto o se è in atto uno di quei meccanismi di repressione automatici di cui non mi accorgo quasi mai fino a quando non è troppo tardi.
Ma rileggendo la persona che ero e confrontandola con quella che sono oggi, mi sento di dire che sì, sono un po' più equilibrata e non più instabile come ero una volta.
Però mi rendo anche conto che non ci metto poi molto a scivolare di nuovo nelle vecchie abitudini.
Un sacco di vestiti non mi vanno più bene, ma quello della vecchia me non fa parte di quel gruppo.
Si adatta ad ogni situazione, ad ogni stagione, ad ogni anno.


È ironico il fatto che io non riesca mai a lasciarmi andare con il resto del mondo e con le situazioni e oddio, con le persone, ma che non ci metta più di due secondi a lasciarmi andare a tutto il marcio che in fondo ho solo spinto da una parte.
È quasi come scivolare sotto le coperte quando hai tanto sonno.
Il marcio è rappresentato dal mio lettuccio caldo e confortevole che non fa altro che invitarmi con voce suadente, ma poi sapete com'è quando si ha troppo sonno, no?
È una vera e propria lotta trovare la forza di sollevarsi quel tanto che basta per scivolare sotto le lenzuola.
La mia apatia è come quel sonno che ti impedisce di trovare la forza e che ti costringe a dormire sul copriletto, anche se poi magari ti congelerai a causa del freddo.
Peccato però che quando ti svegli infreddolita l’unica cosa che vuoi fare è scivolare sotto le coperte.


È quello che mi tiene in equilibrio, anche se a volte è come giocare al tiro alla fune tra autodistruzione ed apatia e io ovviamente mi trovo in mezzo, strattonata da una parte all'altra.
Senza vincitori né vinti.


Ogni tanto mi domando come faccio ad essere ancora viva.
Rileggendo tutto quanto mi sono chiesta come diavolo ho fatto a sopravvivere, ma mi sono resa conto di non avere una risposta.
Mi sono resa conto anche di un'altra cosa, che forse prima non avevo realizzato a livello cosciente.
Sì, sono viva perché respiro ma quanta parte della mia anima ancora lo è?
Sono viva a metà, vivo come un fantasma cercando di evitare di essere sfiorata.
Cercando di evitare di essere vista.
Sono viva a metà perché respirare è un atto automatico e sono più le volte che desidero non farlo che quelle in cui prendo una sana e deliberata boccata d'aria.
Ho sempre cercato di distruggermi in ogni modo e ancora tento di farlo, ogni giorno.
Sono viva e non so perché, ma so perché sono viva a metà.
E ci sono giorni in cui vorrei riuscire a soffocare anche l'altra metà.

Esattamente come ci sono notti in cui mi pento di una scelta (non) fatta e mattine in cui mi sveglio domandandomi perché mai la sera prima sentissi rimorso, quando probabilmente ho fatto la scelta più giusta per me stessa.
Quando la mia razionalità riesce finalmente a schiacciare quella scomoda parte emotiva.

On air: Transit - "Always Find Me Here" [instrumental version]

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