venerdì 24 febbraio 2012

All'inizio di questa settimana ti ho sognato.
Sì, lo so, in realtà non è affatto una novità.

Era iniziato come uno dei miei soliti incubi, uno di quelli in cui qualcuno mi inseguiva e cercava di farmi del male e io cercavo di nascondermi in casa di mia nonna.
E improvvisamente il sogno cambiava e c'eri tu al mio fianco.
E io ero abbracciata, anzi letteralmente aggrappata a te come un koala, e tu non dicevi assolutamente niente.
Poi c'era anche mia madre che parlava con me e poi entrava anche mio padre nella stanza, che ci guardava come se tutto fosse stato normale.
Come tutto avrebbe dovuto essere, se mai fosse esistita questa possibilità.
E ancora quella sensazione di sicurezza, di quando va tutto bene, mentre tu mi accarezzavi la mano e rispondevi ai miei genitori.
Quella sensazione di amore.


This is the first thing I thought
This is the last thing that I want
You were the first one I loved
You were the first love I lost

Dimmi cosa ho sbagliato nella mia vita per dover sopportare tutto questo.
Perché ti ho dovuto incontrare, amare e poi restare bloccata con questi sentimenti che non mi porteranno mai da nessuna parte, se non ad un vita miserabile.

Ieri cercavo un libro che non trovo più da nessuna parte, né in camera mia né nel ripostiglio.
E mentre cercavo, mi sono imbattuta nello scatolone con le cose da mettere in soffitta e li ho trovati.
I miei numerosi polsini, quelli che non metto da una vita.
E ho tirato fuori il primo paio che mi sono comprata, quelli che assomigliavano tanto a quello che la sorella di Elisa mi aveva prestato una volta.
Li ho indossati, tanto per ricordare l'effetto che mi facevano e poi non li ho più tolti.
Questo non significa che io abbia ricominciato, anche se ammetto che il pensiero di farlo mi ha sfiorato la mente, soprattutto quando ho ripensato a quei due anni e al fatto che nessuno sapesse cosa si nascondeva sotto quelle strisce di cotone.
E il fatto che nessuno sapesse mi spingeva a farlo ancora di più e soprattutto a farne ancora di più, con la speranza malata di uscire dai confini protetti del polsino e che finalmente qualcuno se ne accorgesse.
Che si accorgesse che stavo troppo male, che stavo gridando ma nessuno mi sentiva.
Ogni tanto avevo la tentazione di non mettere deliberatamente i polsini e andare a scuola o in giro, tirarmi su le maniche della felpa e mostrare a tutti quello che ero in grado di farmi.
Perché forse ho smesso con quello, ma non ho mai smesso di farmi del male in un modo nell'altro.
Non sono mai stata capace di essere in pace con me stessa e anche privarmi del sonno e stare sveglia fino ad orari impossibili è un modo come un altro per danneggiarmi.
Una volta che inizio a distruggermi è difficile che poi io riesca a smettere e ricordo ancora il mio primo atto di autolesionismo cosciente e, nella mia testa, lucido e razionale.
Ero in prima media e avevo solo 12 anni, o forse nemmeno.

Per la maggior parte del tempo riesco a stare galla e a stare lontana da qualsiasi cosa e da qualsiasi atto deliberato di distruzione, ma ogni tanto mi lascio andare perché sono troppo stanca di lottare e mi devo riposare anche solo per un momento o perché sono diventata così apatica che l'unico modo di sentire qualcosa è farmi del male.
Però il fondo l'avevo toccato a 18 anni, alla fine della quarta superiore, e ai quei livelli non sono più arrivata e sono sempre stata capace di fermarmi in tempo.
Ho imparato a farlo da sola perché per molto tempo non c'era nessuno che potesse farlo, perché non gli interessava o perché non lo sapeva.
E onestamente, se anche qualcuno sapesse che ancora mi faccio del male e provasse a fermarmi, non credo che ci riuscirebbe.
Mi sono abituata a fermarmi da sola perché nessun altro lo voleva o sapeva farlo, quindi i tentativi da parte delle altre persone sarebbero inutili.

È strano come io abbia ricominciato a parlarne qui, al pubblico, e non solo con me stessa.
Ho evitato per mesi, per anni, l'argomento oppure deliberatamente aggirato con uno di quei complicati giri di parole che utilizzo anche quando parlo con le persone e non voglio che si avvicinino a certi argomenti o alla verità.
Non ho mai pronunciato o affermato con chiarezza cosa facevo per farmi del male, ma penso che lo si capisca comunque.
È strano che io ne parli, che io ammetta pubblicamente di avere dei problemi, ma so già che per me non finirà bene in nessun caso.
E non dico questo perché voglio fare la vittima o suscitare compassione o che altro, ma perché inconsciamente lo so da anni e le persone non mi hanno mai dimostrato il contrario.


People always leave

Ho imparato a cavarmela da sola perché ho realizzato che, o imparavo a farlo oppure potevo farla finita subito perché nessuno sarebbe arrivato a salvarmi.
Ed è vero, ho seri problemi relazionali con le persone, ho problemi di fiducia e la sindrome dell'abbandono e sono una autolesionista, ma credo di aver imparato a stare in piedi da sola.
Beh, più o meno.
Ho imparato presto che le favole non esistono perché, appunto, sono solamente favole.
E nel momento in cui ho realizzato, in cui ho ammesso anche a me stessa come sarebbe andata a finire, mi sono tranquillizzata.
Nessun freak-out, nessuna crisi di pianto o rabbia o autolesionismo, niente di niente.
Solo vuoto, apatia e indifferenza verso tutto quello che mi circonda.

La mia ultima ossessione risponde al nome di Michael Fassbender.

On air: You Me At Six - "Crash"

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