mercoledì 12 settembre 2018

Quando eravamo ancora amiche, ricordo che avevamo fatto una conversazione su piercings e tatuaggi. 

Tu avevi già quello al naso e non ricordo se all'epoca di quella conversazione ti fossi già fatta quello al sopracciglio. 
Io non avevo nemmeno i buchi alle orecchie - non li ho tuttora - perché non li ho mai voluti, ma volevo il piercing al naso. Peccato che mio padre minacciasse di buttarmi fuori di casa. 
Quando poi sono entrata in fase emo - ma non eravamo già più amiche - volevo farmelo al labbro inferiore a sinistra. 

Non ricordo bene il tuo pensiero al riguardo, ma credo che tutte e due fossimo contrarie ai tatuaggi - erano una responsabilità troppo grande, qualcosa che una volta fatto non potevi più togliere e restava per sempre e invece il piercing era diverso, quello lo potevi togliere se ti stancavi e al massimo ti sarebbe restata una piccola cicatrice al ricordo dei tuoi anni adolescenziali. 

Come cambiano le cose. 

Piercings non me ne sono mai fatta alla fine, ma ho due tatuaggi e sto pensando ossessivamente al terzo da un paio di giorni. 

Per quanto io ammiri le persone piene di tatuaggi e resti a guardarle incantata, so di non essere il tipo che si tatua qualcosa solo perché trova il disegno figo.
Ma non ho nulla in contrario con chi si tatua anche solo per il gusto di tatuarsi - la mia ex-compagna di banco è così.

I miei due tatuaggi invece sono stati studiati e ragionati per molto tempo - l'ho scritto una volta, avevo scritto che anche il posto in cui li ho fatti ha per me un significato. 

Tempo fa avevo accennato ad un terzo tatuaggio che volevo farmi, ma poi non mi sono mai data una mossa per farlo - ancora ci sto ragionando, ancora mi sto chiedendo se sono sicura di volerlo fare. 
E adesso ho quest'altra idea in testa da giorni e quasi non ci sto più dentro dalla voglia di correre dal tatuatore. 

Capisco la riservatezza di chi non vuole spiegare il significato dei propri tatuaggi. 
Quello che ho sul polso non mi crea (quasi) problemi se qualcuno chiede, ma per fortuna che quello sul costato non lo vede nessuno perché so che comunque non avrei le parole per spiegarlo. 

E se decido di mettere in pratica quest'idea che ho in testa, so che non spiegherò mai il significato se qualcuno me lo dovesse chiedere - è personale, la vivo come qualcosa che appartiene solo a me e alla mia pelle. 


Non indugio mai con lo sguardo sulle mie cicatrici, soprattutto adesso che ne ho quattro nuove di cui prendermi cura - lo faccio in maniera assente, lo faccio come se non fossero mie. 
Perché vederle allo specchio è diverso rispetto all'abbassare lo sguardo e vederle con i propri occhi. 
Con i miei occhi sono più brutte che viste riflesse. 

Il tatuaggio sul polso non l'ho fatto lì solo per ciò che significava farlo lì. 

L'ho fatto lì anche perché speravo che mi aiutasse a smettere con l'autolesionismo - perché mi disgustasse l'idea di fare dei tagli così vicino alla rappresentazione grafica di qualcuno che avevo amato profondamente. 
Il fatto che io poi mi sia messa a tagliare altre zone quando stavo male dimostra che è difficile guarire, che l'istinto di tagliare è radicato in me. 

L'ho fatto lì anche perché speravo che distogliesse l'attenzione da quello che io so esserci poco più sopra. 
Lo so, sembra un controsenso - farsi un tatuaggio proprio sotto la zona che non vuoi gli altri osservino. 

Ma ha senso per me: tutti vedono la macchia nera d'inchiostro e puntano lì lo sguardo e se anche la luce colpisce la pelle in un certo modo, solo io so dove cercare le linee bianche sul mio polso.  

On air: The Night Game - Die a Little 

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