martedì 11 luglio 2017

La maggior parte delle volte riesco ad ignorare tutto - quello che è accaduto, quello che accade quotidianamente, quello che probabilmente accadrà in futuro. 
Fingo che non esista, fingo che vada tutto bene, fingo che prima o poi passerà da solo. 

La maggior parte delle volte ci riesco - a volte, invece, non ce la faccio proprio.
E quasi scoppio in lacrime per la pressione che sento addosso, per il respiro che mi manca, per lo stomaco e il cuore che mi fanno male e in quelle occasioni mi chiedo se è possibile che si creino dei lividi anche dentro, in quei posti nei quali non puoi applicare una pomata per accelerarne la guarigione. 

Mi manca la persona che ero, mi manca quello che avevo. 
È una mancanza diversa da quella che dico di avere di solito. Quella che ultimamente è comparsa scritta qui da me è la mancanza che a volte provo per la persona malata che ero, quella che non esitava un secondo a passare la lametta sulla pelle al minimo accenno di stress. Quella che non esitava un secondo ad esternare e a portare alla luce il suo dolore facendolo scorrere liquido sotto forma di sangue. 

Il problema è che non sono neanche più quella persona perché oggi ci penso, oggi esito, oggi i tagli sono solo mentali e non portano più alcun sollievo e mi sento persino più malata di quanto fossi anni fa. E sono bloccata - bloccata in questo momento, bloccata nella mia mente, bloccata nel mio corpo e non trovo nemmeno la forza per pensare di aprire il cassetto e ricominciare, quando invece un tempo sarebbe stato un istinto naturale. 

Una volta ho scritto di come a quindici anni avessi preso la decisione di smettere di provare sentimenti, di come mi fossi allenata duramente, di come fossi riuscita a razionalizzare anche l'irrazionabile. 
E forse alla fine, quando ho preso (per l'ennesima volta) la decisione di smettere, è scattato quel famoso meccanismo che ha bloccato anche quell'istinto - come anni prima aveva bloccato tutto il resto. 

Dovrei esultare, vero? Non riesco più a prendere in mano la lametta e tagliarmi, urrà! 
Invece sto da schifo perché mi sembra di essermi privata della carta "esci gratis di prigione" e voi potreste dirmi di parlare con qualcuno e ogni volta che mi immagino farlo - ogni volta che mi dico che sto per farlo, avanti, fallo - mi si rivolta lo stomaco all'idea dello sguardo che mi troverò davanti a ricambiare il mio. Mi sembra di andare contro il mio naturale istinto di conservazione, quello che era andato a puttane a 13 anni quando ho stretto la cintura attorno al collo e quello che è andato nuovamente a puttane a partire dai sedici anni quando ho cominciato ad esagerare con l'alcol per poi passare alla lametta. 
E quello non mi creava problemi, invece la sola idea di parlare con qualcuno mi getta nel panico. 

Ma oggi non è quella persona che mi manca, quella che mi manca è un'altra versione di me stessa. 
E vorrei tornare indietro, non so nemmeno io di quanti anni, forse anche prima di quei 13 anni. Forse anche prima degli undici perché, a ben pensarci, posso ancora sentire i primi scricchiolii che allora non avevo notato. 

Forse tornerei ai diciassette e quella sera del primo agosto starei zitta, forse mi farei venire in mente prima di piantarmi le unghie in un polso per non emettere un fiato. Forse inizierei ad autodistruggermi prima invece di assistere adesso impotente a questo - qualunque cosa sia. A questa erosione lenta, costante e dolorosa che non riesco in alcun modo a fermare perché sono legata da catene invisibili e nessuno sente le urla. 

Vorrei tornare indietro a quando mi piaceva quello che vedevo allo specchio, a quando non mi alzavo dolorante ogni mattina e a quando non andavo a letto ogni notte con l'angoscia. 
Vorrei tornare a quando avevo qualcuno accanto che si accorgeva di quando stavo male, a quando i miei silenzi erano un segnale di allarme e non la normalità, a quando non avevo l'ansia ad uscire di casa e temere ogni persona che anche solo guardava nella mia direzione. 
Vorrei tornare a quando sorridevo e ridevo. 
Vorrei tornare a quando avevo delle amiche, a quando faceva la differenza se ci fossi o meno - o forse questo non è mai successo e non è mai stato vero. 
Vorrei tornare a quando non ero questa persona angosciata, arrabbiata, triste, annoiata, poco interessante, noiosa e depressa. 

O forse vorrei solo tornare a quella sera quando avevo tredici anni, non incrociare il mio sguardo nello specchio e concludere quello che avevo cominciato perché ci sono giorni che proprio non so perché ancora respiro.

Nessun commento:

Posta un commento