mercoledì 18 giugno 2014

Ascolto canzoni di una band romana che amavo e che mi riportano ai miei vent'anni, a quando li avrei seguiti in tour per tutta Italia se avessi potuto perché avevo una cotta enorme per il cantante. 
Ho sempre avuto la sindrome del cantante, io. 

Ascolto quelle canzoni e un po' mi manca la persona che ero, un po' mi si stringe lo stomaco dalla nostalgia. 
Un po' ti penso e un po' mi fa star male. 
Un po' ti penso e un po' vorrei scriverti. 


Non so con esattezza quando ho cominciato ad avere paura del contatto fisico e non voglio nemmeno chiedere a mia madre se secondo lei è cambiato qualcosa nel mio comportamento. 
Non voglio domande a riguardo e preferirei che, nel caso, la questione venisse fuori in maniera spontanea - un po' come quando mi ha detto che nemmeno da piccola sorridevo molto, anche se sinceramente non ricordo come fossimo arrivate a toccare quell'argomento. 

In famiglia non siamo mai stati molto affettuosi. 
Mia nonna materna non è tipo da slanci fisici - nemmeno per compleanni e/o anniversari particolari - e l'unico suo abbraccio che mi viene in mente è quello durante il funerale di mio nonno. 

Da quello che ricordo, nemmeno mio nonno lo era. 
Ciò non significa che mia nonna non mi voglia bene o che mio nonno non me ne volesse: anzi, direi che è proprio il contrario. 
Hanno e avevano solo modi diversi di dimostrarlo e ci ho messo un po' a capirlo, specialmente quando ero in uno di quei periodi nei quali ero "affamata" di affetto. 

Ricordo mio nonno che mi portava la cioccolata ogni sera quando tornava a casa dopo essere stato a giocare a carte al bar e la mia pizza preferita quando la domenica sera, per un motivo o per un altro, non andavamo a cena dai miei nonni paterni. 
Vedo mia nonna ogni giorno nel modo in cui mi parla o si comporta attorno a me, nel modo in cui le basta un'occhiata per capirmi al volo e a volte mi rendo conto che io e lei siamo più simili di quanto pensi. 
Con loro non ho (mai avuto) bisogno di una dimostrazione fisica di affetto per capire che mi vogliono/volevano bene, semplicemente è sempre stata una cosa che so e conosco a livello inconscio. 

Con mio padre la questione è un po' più diversa. 
Come dice mia madre, lui è un tipo "rustico" e di solito sono sempre io ad iniziare gli abbracci, ma anche con lui non ho mai messo in dubbio il fatto che mi voglia bene: i soprannomi che a volte mi dà, la scompigliata di capelli quando vuole farmi "arrabbiare" e io metto il broncio e via di questo passo.
Indubbiamente gli fa piacere quando mi metto in divano con lui a vedere la televisione e in generale, quando mi rannicchio in una delle mie posizioni preferite e le nostre spalle si toccano, non è un problema. 
Ci sono volte invece in cui si sposta e credo siano le volte in cui desidera fortemente che io sia diversa da come sono, una figlia migliore. 
Abbiamo sempre avuto un rapporto altalenante, io e lui. 

Mia madre è sicuramente quella con cui ho più contatto fisico, specialmente quando guardiamo qualche telefilm. 
Ma in generale sono sempre io ad iniziare gli abbracci e comunque me l'ha sempre detto: è cresciuta in questo modo e come ho scritto sopra, i miei nonni non sono mai stati tipi da slanci di affetto.
Basta solo che mia nonna entri in casa e mia madre si stacca subito; so come stanno le cose, ma questo non mi impedisce a volte di rimanerci male. 

Come ho sempre detto, il contatto fisico lo accetto solo da alcune persone. 
Al di fuori della mia famiglia, lo accetto solo da alcune delle mie amiche e a volte anche a fatica.
Non è che faccio apposta ad irrigidirmi, è solo che è più forte di me e per almeno un paio di ragioni che so perfettamente. 

Una ragione credo sia dovuta al fatto che sono un po' ossessivo-compulsiva su alcune cose. 
Non ho mai fatto mistero del fatto mi lavo le mani qualcosa come duecento volte al giorno perché mi sembra di sentirmele subito sporche non appena tocco qualcosa. 
Roba che sono capace di lavarmi le mani appena finito di mangiare, scuotere fuori la tovaglia e tornare subito a lavarmele prima di toccare qualsiasi cosa - soprattutto prima di toccare qualche parte dei miei vestiti o, il cielo non voglia, i miei capelli.
E ho solo scosso la tovaglia dalle briciole. 

Ho dei problemi, cosa volete farci. 

Le mani sono uno dei miei punti più sensibili, quindi sussulto visibilmente se qualcuno me le sfiora anche solo per sbaglio; quando poi qualcuno me le afferra con intenzione vado nel panico. 
I miei capelli sono off-limits per le suddette ragioni: non me li tocco io se non so di essermi lavata le mani, figuriamoci se li lascerei toccare a qualcun altro.
A volte infatti mi scanso persino da mio padre se so che non ha le mani perfettamente pulite.
Mia madre lo sa bene, quindi evita direttamente i miei capelli. 

L'altra ragione è dovuta al riflesso condizionato, regalino degli anni in cui ero vittima di bullismo: basta che qualcuno mi tocchi o stringa una spalla perché io reagisca violentemente.
Mi basta quello per essere travolta da un'ondata di panico al ricordo di quando mi avevano circondata e tenuta ferma per le spalle, in modo da impedirmi la fuga. 
Ed Elisa era rimasta a guardare. 

E poi ricordo in successione il pugno su una mano mentre mi tenevo stretta in autobus prima di scendere alla mia fermata e quando ero salita in macchina da mio padre, era già tutta rossa e gonfia. 
Ricordo la violenta tirata di capelli mentre ero a ballare un sabato sera con Valentina. 
Ricordo gli spintoni e le ginocchiate su varie parti del mio corpo in altre occasioni. 

E sono tutte cose che mi hanno fatto un male incredibile - forse nemmeno fisico quanto psicologico - e tutte in parti del mio corpo che io ho sempre considerato diversamente da tutto il resto di me. 

Ma c'è un altro evento che non permetto a me stessa di ricordare, non perché sia stato particolarmente violento o cosa: semplicemente mi disgusta troppo ripensarci. 

Non ricordo se avessi già compiuto diciotto anni o meno, di sicuro non parlavo più con Elisa ed ero ancora persa per NAC ed uscivo con Eleonora - e questo possiamo aggiungerlo alla lista infinita delle cose che mi hanno fatto più male che bene, viste le svariate volte in cui ho dovuto fare da terzo incomodo e assistere alle sue pomiciate con il tipo di turno oppure le volte in cui tentava di mollarmi in compagnia di qualcun altro per andarsene per un po' con il tipo in questione o addirittura mi mollava proprio da sola nel luogo in cui eravamo per starsene lontana con il ragazzo per un tempo non sempre quantificabile.
All'epoca avevo una stabilità emotiva spessa quanto il cristallo e non c'è da stupirsi se bevessi alcol fino a stordirmi pur di non spezzarmi del tutto.

Il punto comunque è un altro, ma io sono quella delle premesse infinite e prolisse - anche per questo avevo scritto che, sebbene lo disprezzassi sotto molto aspetti, ero molto più simile al narratore de Le Notti Bianche di Dostoevskij di quanto volessi ammettere. 

Non so se ho mai detto che Eleonora abitava nella mia stessa frazione, equidistante da due paesi più grandi. 
Abitavamo nella stessa frazione ma non ci siamo mai incontrate fino agli undici anni, questo perché io asilo ed elementari li ho frequentati in uno dei due paesi più grandi e non nella mia frazione. 
Lei invece era in classe con NAC e altra gente scomoda alle elementari e quando è stato il momento di iniziare le scuole medie, Eleonora e Vanessa hanno scelto il paese dove io già frequentavo mentre il resto della loro classe ha scelto l'altro. 

E così il primo anno di medie ho conosciuto Eleonora e Vanessa, ma all'epoca non sapevo nemmeno dell'esistenza di NAC - però non è questo il punto. 

Avevo già scritto una volta - o forse anche più di una - quanto io fossi ingenua e prendessi per oro colato tutto quello che usciva dalle bocche della gente, compresi i vari "ti voglio bene". 
Specialmente quelli.

Eleonora era frizzante, allegra e dalla battuta sempre pronta e ci ho messo poco a considerarla la mia migliore amica, specialmente visto che la mia amicizia con le altre "dell'Ave Maria" si stava già incrinando. 
Ed ero un'ingenua, non mi ero resa conto che Eleonora era - è - una di quelle persone che raccontano un sacco di bugie e che ti usano fin quando ne hanno bisogno, poi chi si è visto si è visto. 
Ricordo ancora la delusione di quando, prima delle vacanze di Natale, mi aveva detto che non mi voleva più come sua migliore amica perché in fondo non ero così simpatica e c'era voluto un viaggio/fuga dai miei zii a Bergamo perché riprendessi a respirare lontana da qui. 

Il primo anno di medie era finito e durante quell'estate avevo conosciuto NAC, scoprendo poi - non ricordo in che modo - che era stato in classe con Eleonora e Vanessa alle elementari. 
Un'altra cosa che mi ha portata alla "rovina" è stata il fatto che, a partire dal secondo anno di medie, il pullman che ci portava a scuola si fosse messo a "raccattare" anche tutti gli altri ragazzi della mia frazione che erano sul percorso, ma che però andavano nell'altra scuola. 
E fu così che conobbi due dei miei peggiori aguzzini, che erano amici di NAC all'epoca e che erano ancora in classe con lui e lo erano stati con Eleonora e Vanessa.

Ero un'ingenua, l'ho già detto, e commisi la "leggerezza" di dire ad Eleonora e Vanessa che mi piaceva NAC e un po' l'età e un po' il fatto che non erano assolutamente due persone a cui andrebbe confidato un segreto, nel giro di poco tempo lo seppero le persone sbagliate. 

Come ho scritto prima, il mio pullman prendeva su anche quelli dell'altra scuola e poi si fermava nella "piazza" della nostra frazione, dove un altro pullman con un giro diverso aveva altri ragazzi a bordo e si prendeva su quelli che erano in più sul mio e poi ognuno andava diretto alla propria scuola. 

NAC era su quell'altro pullman e da quando era finita l'estate non avevo avuto molte occasioni per vederlo perché, come già detto, la mia frazione di residenza non l'ho mai guardata nemmeno di striscio. 
Ed ero così contenta di riuscire ad intravederlo quasi ogni mattina sebbene andassimo in due scuole diverse e, nel caso ve lo foste dimenticati, all'epoca avevo solo dodici anni. 

Il punto è che due dei miei peggiori aguzzini la mattina erano sul mio stesso pullman ed erano amici con Eleonora e Vanessa che, in un momento di "presunta" leggerezza, si erano lasciate sfuggire della mia cotta per NAC e da lì poi erano partite prese in giro e bugie sul mio conto. 
Anche per questo ho sempre detto che, secondo me, NAC l'ha sempre saputo che provavo qualcosa per lui. 

E NAC poi evitava di farsi vedere e io mi sentivo estremamente mortificata, mentre tutti loro continuavano a prendermi in giro. 

Poi sono arrivate le superiori in qualche modo ed Eleonora e Vanessa hanno scelto il mio stesso istituto - sebbene con un indirizzo diverso, grazie al cielo. 
Ho sempre detto di aver fatto il liceo e loro avevano scelto geometra, ad un solo corridoio di distanza.
E i geometri sono stati un altro dei miei incubi ricorrenti per tutti i miei cinque anni di liceo, ma quello meriterebbe un post a parte e non è questo né il luogo e neanche il momento giusto.

Il punto è che non mi sono mai liberata di Eleonora, nemmeno quando si è ritirata da scuola alla fine del mio secondo anno, dopo essere stata bocciata per la seconda volta. 
Anche se non ci vedevamo più tutti i giorni comunque era rimasta in contatto con me, fino ad arrivare a quelle domeniche pomeriggio del mio quarto anno di liceo in cui avevo già iniziato la discesa verso l'inferno ed ero un disastro fatto e finito.

Non ricordo se ero ancora in quarta liceo oppure all'inizio del quinto anno e se mi tagliavo già o meno, però c'è stata una domenica pomeriggio in cui mi sono ritrovata seduta ad uno dei tavolini del pub con Eleonora e quando sono passati i due aguzzini, lei li ha salutati e invitati a sedersi con noi. 
Dire che mi sono usciti gli occhi fuori dalla testa è dire poco, ma ho sempre detto che Eleonora non ha mai visto oltre il suo naso. 

Ero rigidissima e in tensione e uno di loro - il più viscido - si era seduto di fianco a me. 
Ora, io non ricordo dove avessi la mia mano - se appoggiata sul tavolo oppure appoggiata al bracciolo della sedia o addirittura su una delle mie gambe - ma ad un certo punto questo tizio me l'ha afferrata e stretta ed ero talmente sconvolta che l'ho ritratta di scatto. 
Già non ero amante del contatto fisico, proveniente da qualcuno che mi prendeva in giro ad ogni occasione era assolutamente disgustoso.
Ero in panico e avevo le orecchie ovattate dal suono del mio stesso cuore che batteva per l'ansia e non sentivo quasi nulla della conversazione che si stava svolgendo attorno a me, ma una cosa la ricordo bene. 
Ricordo il tipo che, vedendo il mio gesto repentino, ridendo mi chiese/disse: "Ah, cosa sei? Frigida?"

Come se fosse fantastico farsi toccare da una persona del genere! 
Ma ero troppo turbata per replicare in quel modo e di sicuro non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. 

Ho sempre avuto la brutta "abitudine" di circondarmi di persone che erano amiche di tutti quelli che mi davano fastidio. 

Ora mi è venuto in mente che c'è stato un periodo nel quale ero ancora amica con Elisa, in cui sua sorella minore si frequentava con un tipo che veniva a scuola con me e faceva lo scientifico e faceva parte di quella cricca di gente che mi aveva trattenuta per le spalle per non farmi scappare. 
Un sabato sera ci avevano raggiunto al pub e lui si era seduto vicino a me - ma oh, seriamente, che avevano tutti con questa mania? - e sebbene fosse uno di quelli più "innocui", io proprio non ce l'ho fatta a trattenermi: mi sono sollevata e mi sono spostata il più possibile con la sedia.

Ed Elisa e sua sorella lo sapevano - lo sapevano, cazzo - che lui era uno di quei tipi che mi avevano presa di mira, eppure era me che guardavano male ed era a me che chiedevano perché mi comportassi così. 
Ma perché cazzo dovrei sopportare di rimanere seduta di fianco ad una persona che mi fa accapponare la pelle e stare in tensione sull'orlo di un attacco di panico, pronta a fuggire al minimo accenno di pericolo? 
Ma chi cazzo me lo fa fare? 

Il punto è che il contatto fisico da parte delle persone che non sono sulla mia "lista" mi fa star male. 
Ieri il mio vicino di casa mi ha ringraziata per avergli sistemato una cosa sul cellulare e nel farlo mi ha messo la mano sul braccio e ha stretto leggermente e io ho sussultato, sforzandomi poi di sorridere perché comunque è una persona che conosco da tutta la mia vita ed è sempre stato gentile con me. 

Perché dico sempre che il mio primo bacio è stato traumatico? 
Perché, oltre al fatto che è stato un vero e proprio "attacco" a sorpresa, Mattia prima mi aveva accarezzato la schiena e poi la spalla, scendendo dopo lungo il braccio. 

Se ci ripenso, ancora mi manca il respiro. 
E di certo non per l'emozione. 

Quindi, quando qualcuno mi dice che a prima vista sono/sembro una persona fredda e stronza, in realtà mi fa solo piacere se questo significa che poi non si avvicineranno troppo.

On air: Hot Chelle Rae - Bleed

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