mercoledì 31 ottobre 2012

The awful moment when you realize that you're waiting for
people to leave you behind, holding your breath in the meantime.

Mi rendo conto, guardando certe foto, di quanto alcune persone che conoscevo siano andate avanti.
Con i loro progetti, con i loro sogni, con la loro vita.
E mi rendo anche conto che io sono ferma da anni e vorrei che me ne importasse di più, davvero, ma invece non me ne importa abbastanza.
Perché sono esattamente come la frase riportata sopra in inglese: aspetto che le persone mi lascino e intanto trattengo il respiro, con l'illusione che forse in questo modo l'impatto sarà meno violento e che questa volta riuscirò a restare in piedi e a non cadere a terra ancora in mille pezzi.

Ti ho sognato la notte in cui ho scritto l'ultimo mio post che ti riguardava e ti ho sognato anche stanotte e quest'ultimo sogno aveva la stessa malinconia, lo stesso desiderio che hanno sempre avuto gli ultimi.
Era notte e io ero fuori di casa; forse all'inizio c'era qualcuno con me - anzi, sono sicura che ci fossero anche le mie amiche - ma poi mi ritrovavo da sola e iniziavo a camminare senza meta.
Improvvisamente mi trovavo con mia madre al cimitero a trovare mio nonno e sebbene fosse notte fonda, tutto era illuminato a giorno e c'era un sacco di gente.
Poi io uscivo e ricominciavo a camminare e fuori c'era anche più gente di quanta ce ne fosse stata prima e qualcuno, non ricordo chi, mi fermava e mi chiedeva come fosse avere te che abitavi così vicino a me, solo a qualche casa di distanza.
E io cadevo dalle nuvole; com'era possibile che tu vivessi vicino a me e io non lo sapessi, non ti avessi mai incrociato nemmeno per sbaglio?
E in quel momento mi passavi davanti sul marciapiedi e io, improvvisamente dimentica della persona con cui stessi parlando, allungavo un braccio e cercavo di toccarti ma era come afferrare l'aria e così com'eri comparso, poi sei sparito.
Nemmeno in sogno riesco a stabilire un contatto con te, a toccarti.

Mi rendo conto che inizio ad avere paura di uscire di casa.
Ho paura della gente e dei loro sguardi e l'unica cosa che vorrei fare, se non posso tornare a casa, è rannicchiarmi in un angolo e non sollevare più la testa.
Continuo ad uscire con le amiche, ma ogni volta ci metto sempre più tempo a convincermi a farlo.
Ci metto sempre più tempo, mentre sono davanti allo specchio, a convincermi ad uscire dal bagno per poi uscire di casa e non rimettermi la tuta e tornare in camera mia.
Credo che se ne stia accorgendo anche mia madre perché quando lunedì le ho detto che non ero molto entusiasta all'idea di uscire, mi ha chiesto perché dato che sono sempre uscita le mie amiche due volte alla settimana.
Una volta mi sarei disperata all'idea di rimanere in casa; oggi invece magari mi dispiace un attimo all'inizio ma poi rimango tranquillissima, senza fare nemmeno una piega.
Ci sono volte in cui esulto anche all'idea di non uscire.

Non è sempre così perché ci sono volte in cui sono davvero entusiasta di andare fuori con le mie amiche, ma le altre volte vincono 3 a 1 su queste ultime.

Mi rendo conto che tutte le persone che una volta conoscevo sono andate avanti con la loro vita mentre io non solo me ne resto ferma, ma tendo a fare passi indietro ogni giorno che passa.
Sembrano così lontani i tempi in cui evitavo di rimanere in camera mia più tempo del necessario, quando non uscire significava rimanere da sola con me stessa e con i miei pensieri e oggi invece è l'unica cosa che desidero.

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