lunedì 9 luglio 2012

Una volta il dolore era così acuto che volevo solamente che smettesse.
E io avrei fatto qualunque cosa pur di contribuire alla causa.
Ma con il passare del tempo il dolore è passato da acuto a cronico e non c'era più niente che riuscissi a fare per scacciarlo e per qualche oscuro motivo, poi io sono diventata una delle cause del mio stesso dolore.

Il dolore cronico, a differenza di quello acuto, riuscivo a controllarlo.
Riuscivo a gestirlo, riuscivo a conviverci.
Il dolore cronico è nato anche lui dalla stessa madre di quello acuto, ma è stato sempre più forte e si è sparso lungo tutto il mio corpo e non è restato a casa come suo fratello.
Non è restato nel cuore o nell'anima o qualunque fosse la sua casa.
Il dolore cronico ha avvolto tutto quello che incontrava, anestetizzandolo, ed è diventato l'unica cosa che ancora vive in me.
L'unica cosa che batte a ritmo con il mio cuore nel cuore della notte mentre tutto il resto tace.

Non ricordo di cosa stessimo parlando quando mia madre ha detto che non ho mai avuto il sorriso facile, che anche da piccola non sorridevo praticamente mai.
Forse perché per me sorridere non è altro che una forzatura che poi non credo minimamente ai sorrisi degli altri.
Forse perché sono i miei sorrisi ad essere falsi che allora ritengo falsi anche tutti gli altri.
Sono capace di sorridere quando davvero ce n'è un motivo, ma se posso evito di farlo.
Non è che sono incapace di farlo; è che proprio non ne ho voglia.
E se già non lo facevo quando ero piccola, figuriamoci adesso che le persone non mi piacciono.

Una parte di me è talmente stanca che ha gettato le armi e si è seduta per terra, mentre con aria annoiata resta a guardare ciò che le succede attorno.
Ma c'è un'altra parte di me, altrettanto stanca e sfiancata, che continua a lottare per mantenere la facciata anche se sono più le volte in cui le manca il fiato che quelle in cui riesce a respirare come si deve.

Tento di ricordare come fossi anni fa, se c'erano indizi che non ho colto e che mi avrebbero potuto rivelare cosa sarei diventata un giorno.
Tento di ricordare e tento di capire come mi vedevano gli altri e sebbene non rimpianga nessuna delle persone che mi sono lasciata alle spalle, ogni tanto mi verrebbe voglia di contattarne una a caso e chiedere cosa vedono di diverso in me.
Se sono ancora la stessa persona che hanno conosciuto, se ho ancora qualche tratto familiare e in comune con la Alice dei loro ricordi o se adesso sono solamente un'estranea.
Molto spesso sono un'estranea anche per me stessa.

On air: Digital Daggers - Surrender

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